@ wildcat80
Penso che a volte sia utile raccontarsi un po', per dare modo agli altri di capirci meglio.
Quando avevo 5 anni e mezzo mi è morto un fratello. Anzi peggio, questo fratello non è nato: mia madre è andata a partorire, e quando è arrivata in ospedale non c'era più battito. È tornata con una piccola bara bianca.
Un evento devastante, che mi ha segnato l'esistenza ma di cui ne ho preso piena consapevolezza solo in anni relativamente recenti.
Quando è mancata mia madre, nel 2007, abbiamo dovuto fare la riesumazione del mio fratellino nato morto e ho presenziato io perché mio padre non era un condizione di farlo.
Questo evento è stato un trauma nel trauma, cosa di cui ho preso consapevolezza solo 5 anni dopo, più o meno, quando in seguito ad una depressione reattiva ad una somma di eventi (morte di mia madre, divorzio, mancato rinnovo del contratto causa blocco assunzioni in sanità), ho iniziato un percorso di psicoterapia.
Percorso che ho ripreso dopo qualche anno perché a volte il buio tende a emergere: non è il buio della depressione in senso diciamo più stretto, però è un buio che si manifesta in tanti modi, si manifestava nel malessere dell'incapacità di essere felici, e va affrontato.
A maggio mio padre è stato poco bene, e in seguito ad accertamenti collaterali è emerso un problema di sindrome mielodisplastica: il midollo smette di funzionare, nel suo caso stava rallentando molto la produzione di globuli rossi e piastrine, non era quindi immunodepresso, ma è una condizione che in alcuni casi è il preludio di una leucemia mieloide acuta.
Lui è nella fascia di rischio medio alto di trasformazione, essendo giovane (70 anni) e sano è stato deciso di procedere con il trapianto di midollo.
Non è una passeggiata: 7 possibilità su 10 di uscirne. Tante? No, in medicina già il 90% è poco.
La comunicazione è arrivata due giorni prima di partire per le ferie, ad agosto, fortunatamente a Genova c'è il miglior centro trapianti di midollo d'Europa, ma nonostante tutto questo fatto è stato sufficiente a farmi riemergere il buio, per cui ho dovuto riprendere un percorso da fine agosto, perché non posso non essere forte, perché io mi prendo cura di tutti, io non posso perdere colpi, devo essere sempre performante sul lavoro, devo essere sempre un porto sicuro per chi ha bisogno, e finisco sempre per trascurare me stesso e non solo.
E non mi vergogno a raccontarvelo: nella vita può capitare di avere bisogno di un aiuto, a volte può essere un ciclo più o meno lungo di colloqui, a volte una terapia... Io fortunatamente ho solo dovuto rimettere a posto, con periodici interventi di manutenzione, alcune tessere del mio puzzle mentale, agli effetti di lutti mal elaborati, senza alcuna terapia farmacologica ma lavorando sulla psiche: questo unicamente perché non ho mai avuto manifestazioni estreme (al massimo un periodo di insonnia), ma soprattutto perché sono riuscito ad averne piena consapevolezza, che è il passo fondamentale per affrontare questo genere di percorsi, e che purtroppo in alcuni quadri patologici non è possibile avere.
Un depresso maggiore difficile abbia la consapevolezza, un bipolare può averlo quando attraversa la fase di equilibrio, ma generalmente non riesce a sfruttarla perché è effimera.
Tutti siamo altro oltre le parole che scriviamo.
Sto leggendo questo post dietro un velo di lacrime. Grazie per la tua testimonianza e un abbraccio fortissimo a te e ai tuoi cari.