Senza entrare troppo nello specifico, il rendimento di un crossover è
strettamente legato al numero di componenti,
condensatori e induttanze, in serie o in parallelo
al segnale.
Cioè più db per ottava implica più condensatori ed induttanze.
Tali componenti inducono alterazioni del segnale,
principalmente ritardi del segnale in funzione della frequenza,
tecnicamente rotazioni di fase,
che si traducono in quella che viene detta perdita di coerenza:
il segnale a certe frequenze arriva prima o dopo rispetto ad altre,
si parla di frazioni di frazioni di millisecondi, che in parole povere
comunque comportano una perdita di fedeltà di riproduzione più grave
rispetto all'utilizzo di un crossover semplificato.
Laddove la fedeltà è la parola d'ordine, due sono le strade:
o si mantengono i filtri molto semplici (cercando a volte
di rimediare tramite la geometria del diffusore)
o si introducono altri componenti nel crossover
per compensare le rotazioni di fase; in questo modo
però il filtro diventa "pesante", nel senso che attenua TUTTO
il segnale, per cui si una una perdita di efficienza del diffusore;
spesso infatti diffusori high end hanno una efficienza
nell'ordine dei 86-88 db, e quindi necessitano di amplificatori
"nerboruti" (200-300 W) per esprimere una modesta pressione
acustica in semplici appartamenti.
Quest'ultima soluzione è impraticabile laddove è più importante
la pressione sonora in ampi spazi rispetto alla alta fedeltà.
Va considerato inoltre che gli altoparlanti hanno già un crossover "fisiologico",
cioè attenuano già per loro natura le frequenze cui non sono
destinati. Se si collega un woofer direttamente all'amplificatore
senza crossover, non si udranno per niente frequenze acute
oltre una certa soglia.
Altrettanto vale per tweeter e midrange, non hanno alcuna capacità
di riprodurre basse frequenze (ma non ci provate altrimenti li sfondate).
Quindi, valutando vantaggi e svantaggi, spesso e volentieri
risulta inutile anzi dannoso usare crossover passivi oltre i 12 db.
Edited 8 Mar. 2012 12:31