Il dono

leoravera 03-08-13 13.34
Ho scritto una breve riflessione sul talento musicale, ed i falsi miti che lo circondano.

http://www.leoravera.it/2013/07/29/il-dono/

un saluto,

Leo Ravera

www.leoravera.it
vin_roma 04-08-13 06.14
evito...
Edited 4 Ago. 2013 16:40
vin_roma 04-08-13 07.04
---> continuo ad evitare...
Edited 4 Ago. 2013 16:41
vin_roma 04-08-13 07.41
A che pro?

La tua tesi è valida quanto il contrario.

Riguardo il talento musicale...
c' è chi ha bisogno di studiare minuziosamente tutto, dall' A alla Z e chi ha solo bisogno di praticare il mezzo con cui esprimersi perché tanto qualcosa la saprà sempre tirare fuori... e sarà qualcosa di inusitato, fuori dalle regole, anzi, una nuova regola e gli altri staranno lì a studiarlo e teorizzarlo per poterlo replicare... e creare così un nuovo "edificio scuola" dove poter insegnare.

Tanto studio, senza talento, porterà pure ad un bravo professionista ma mai ad uno "con le palle" nel suo campo.

Prendiamo i medici... su 100, novantacinque sono esecutori di ciò che hanno imparato, solo 5 aggiungeranno qualcosa che altri studieranno e impareranno a loro volta.
Se non ci fosse la bizzarria del "talento", del "taglio mentale"... del "dono"... forse staremmo ancora a sbattere le pietre per accendere il fuoco... anzi, no! anche saper sfruttare le possibilità delle pietre focaie è appannaggio di un "primo" che ha avuto il "dono" di intuirne le possibilità poi imitate dagli altri...

Menti copiative e menti creative... e se non ci fossero queste ultime... staremmo appunto ancora a sbattere le pietre per accendere il fuoco...

All' inizio di una scuola non c' è mai una scuola e chi l' ha aperta non ha studiato la materia perché non c' era la scuola... è questa la differenza tra chi deve studiare per sapere e chi ha il dono di sapere, creando, intuendo...
e anche se adotta il metodo dello studio in pratica fa totalmente un' altra cosa.

Tutto sommato 'sta riflessione mi pare... 'na... emo!
scusa, eh.
Edited 4 Ago. 2013 16:43
neo7981 14-09-13 18.53
@ vin_roma
A che pro?

La tua tesi è valida quanto il contrario.

Riguardo il talento musicale...
c' è chi ha bisogno di studiare minuziosamente tutto, dall' A alla Z e chi ha solo bisogno di praticare il mezzo con cui esprimersi perché tanto qualcosa la saprà sempre tirare fuori... e sarà qualcosa di inusitato, fuori dalle regole, anzi, una nuova regola e gli altri staranno lì a studiarlo e teorizzarlo per poterlo replicare... e creare così un nuovo "edificio scuola" dove poter insegnare.

Tanto studio, senza talento, porterà pure ad un bravo professionista ma mai ad uno "con le palle" nel suo campo.

Prendiamo i medici... su 100, novantacinque sono esecutori di ciò che hanno imparato, solo 5 aggiungeranno qualcosa che altri studieranno e impareranno a loro volta.
Se non ci fosse la bizzarria del "talento", del "taglio mentale"... del "dono"... forse staremmo ancora a sbattere le pietre per accendere il fuoco... anzi, no! anche saper sfruttare le possibilità delle pietre focaie è appannaggio di un "primo" che ha avuto il "dono" di intuirne le possibilità poi imitate dagli altri...

Menti copiative e menti creative... e se non ci fossero queste ultime... staremmo appunto ancora a sbattere le pietre per accendere il fuoco...

All' inizio di una scuola non c' è mai una scuola e chi l' ha aperta non ha studiato la materia perché non c' era la scuola... è questa la differenza tra chi deve studiare per sapere e chi ha il dono di sapere, creando, intuendo...
e anche se adotta il metodo dello studio in pratica fa totalmente un' altra cosa.

Tutto sommato 'sta riflessione mi pare... 'na... emo!
scusa, eh.
Edited 4 Ago. 2013 16:43
in questo momento non sto facendo il creativo ma semplicemente il copiativo perché non esistono parole migliori di risposta alla riflessione di Leo...
il genio e il talento saranno rari ma ce ne sono e meno male che ce ne sono...
vin_roma 15-09-13 20.16
neo7981 ha scritto:
in questo momento non sto facendo il creativo ma semplicemente il copiativo perché non esistono parole migliori di risposta alla riflessione di Leo...

un thanks a te.

perlomeno per la pazienza di aver letto la mia risposta...

e poi 'sto LeoRavera che apre i 3d divulgando "il verbo" e non interviene mai, non discute... come un Dio che sparge legge!
ma de che?... le sue idee e le sue verità sono buone solo nel suo condominio e magari ci abita pure da solo.

Sarà pure bravo, ma le persone migliori non fanno così.

ciao!
Gilberto 15-09-13 22.31
Quoto vin-roma in tutto.

Prima questi discorsi mi facevano tremendamente incazzare, soprattutto quando venivano fatti su homestudioitalia (ormai defunto). In HSI purtroppo finiva sempre col diventare un tutti contro uno (quell'uno ero immancabilmente sempre io).
Probabilmente l'amico leoravera si sarebbe trovato bene in quel posto. Fortunatamente in supportimusicali ci sono musicisti con cui ragionare in modo obiettivo.
Capisco che bisogna dare un senso ai tanti anni di studio dedicati alla musica, e che girano tremendamente le palle quando vediamo i John Lennon, i Kurt Cobain che senza aver mai messo piede in una scuola di musica riescono a raggiungere livelli altissimi e addirittura diventare miti della musica. E noi che abbiamo studiato 15 anni dedicando almeno 3-4 ore al giorno tutti i giorni, dove siamo arrivati, a dover suonare con le basi per poter lavorare?
Loro, quelli col dono, che non hanno mai messo piede in una scuola, possono stravolgere e re inventare quello che ha noi è stato insegnato e imposto come regole imprescindibili.... lo so, mi sono divulgato troppo, anche perché per esprimere il concetto sarebbe bastata una sola semplice parola: INVIDIA

Il problema di questi musicisti, che non accettano l'esistenza di persone che con un decimo di quello che hanno studiato loro riescono a fare mille volte meglio, è che sono in rapporto di 1-1000000, e questo milione di persone iniziano a fare davvero troppo rumore.

Credo (posso sbagliarmi) che questo sia un problema soprattutto intaliano. Ho fatto una piccola ricerca, e ho notato che, a differenza delle star angloamericane, soprattutto quelle fino a qualche decennio fa, i musicisti italiani sono per lo più tutti "studiati". Come se in italia, per l'appunto, non ci fosse spazio per quei musicisti dotati naturalmente di talento, il famigerato DONO. Pensate ai padri del blues, del rock ecc... erano tutti autodidatta. Pensate ai Beatles, a Jimmy Page e alla maggior parte di quel periodo (ma come citato prima anche a Kurt Cobain, Noel Gallagher e altri meno conosciuti in italia ma che hanno venduto milioni di dischi). Pensate solo a Steve Jobs, anche se fuori tema, giusto per riflettere.
Pensandoci a fondo, in effetti, tutto questo riporta alle abitudini culturali: nei paesi ad impronta anglosassone vengono stimolati e premiati i talenti puri, in italia se non hai il pezzo di carta non ti prendono nemmeno in considerazione.

Lo so, girano le palle, però facciamocene una ragione.

Edited 15 Set. 2013 20:32
leoravera 17-09-13 03.13
Chiedo scusa per la risposta tardiva, non mi ero accorto che la notifica delle risposte era disattivata, ringrazio Gordon che mi ha segnalato questi interventi. Capisco che qualcuno si sia risentito ed offeso del mio silenzio, e di nuovo chiedo scusa, colpa mia.

Sul merito della questione: il talento esiste certamente, e per fortuna, in musica come in tutto il resto.
Parlare di talento o di "dono" non è esattamente la stessa cosa, anche se qualcuno utilizza i due termini come sinonimi.

Credo che un grande artista sia sempre dotato di grande talento, ed anche della tenacia ed impegno che servono per coltivarlo e realizzarlo pienamente. Le due cose non si escludono affatto, tutto si fa con impegno e talento, ci vogliono entrambi.

Inoltre non credo affatto che il talento si debba coltivare per forza in una scuola, molti grandi artisti hanno seguito un percorso originale ed unico (ma sempre impegnandosi per lungo tempo e con passione).
Per lo stato disastroso delle scuole musicali italiane, temo che spesso producano proprio la mortificazione del talento, e lo spegnersi della passione e della voglia di fare.

saluti a tutti, grazie di aver letto il mio articoletto e di averlo commentato
vin_roma 17-09-13 03.59
e menomale!

Un forum è fatto per discutere, non è una bacheca dove stendere le propie perle di saggezza per gli ignoranti.

Di gente che sa il fatto suo ne conosco molta e difficilmente si comporta così. Soprattuto perché accetta l' idea di non essere la verità ma un semplice umano in cammino...

anonimo 23-09-13 01.26
Scusate, intervengo per dire la mia sull'argomento. Premettendo che non mi considero assolutamente né talentuoso né portatore di alcun dono musicale, intervengo perché credo che la mia storia possa portare linfa al tema del thread.
Ho iniziato a suonare da autodidatta a 14 anni, a orecchio e per puro spirito espressivo e comunicativo.
Scrivevo e componevo brani e i risultati, con un gruppo li incidemmo in vinile su produzione di una casa discografica che ora non esiste più. Ho suonato in vari gruppi rock in cui la musica era di ns produzione, ho poi continuato a comporre (circa 40 brani) e ho iniziato una ricerca personale sul cantautorato e la world music, sempre componendo e cercando di assimilare idee dalla world music. In una parola: stavo benone. Poi, da qualche anno mi sono messo in testa di studiare seriamente, imparare a solfeggiare, leggere la musica, etc.etc. con la scusante di "darmi una dritta". Ebbene, da quel momento, ho iniziato ad andare a lezioni private di chitarra classica e jazz, pianoforte, poi a scuole comunali, etc etc.
Adesso riesco a leggere gli spartiti di chitarra, seppur non a prima vista, e quelli di piano. Quello che era un piacere adesso è si è trasformato una sfida con le mie capacità fisiche, fatta di piccoli ma costanti esercizi quotidiani e devo dire che il miglioramento tecnico - rispetto al periodo del songwriting a orecchio - c'è stato ed è notevole. Ma di contro, non riesco più a scrivere un testo, né a musicarlo, lo studio della tecnica mi ha fatto perdere quell'entusiasmo istintuale che mi faceva comporre. Sono almeno 4-5 anni che non mi avvicino allo strumento con la testa del songwriter, non riesco più a suonare e cantare come facevo una volta, ora la prima cosa che faccio è mettermi lo spartito davanti sennò non so neppure da dove cominciare. L'unica cosa che riesco a metter di mio è il pensare una cover con uno stile diverso da come suona nell'originale, oppure riarrangiare un brano pop per chitarra fingerpicking scrivendo la partitura. Eppure studio e sono progredito, ma l'altra metà, quella egoica, si è assopita, e se cerco di farla riemergere essa sembra far assopire la parte tecnica, che ormai visto che ho usato un termine della psicanalisi in precedenza, chiamerò superegoica. Eppure una parte di me, spesso, mi dice di buttare dal terrazzo gli spartiti, riprendere la chitarra acustica in mano e suonare tre accordi rabbiosi su un testo scritto di getto. Voce interiore a cui poi non do puntualmente retta.
Gixson 23-09-13 12.46
In effetti Spectrum, tutto questo è un discorso piuttosto soggettivo. Il mio percorso musicale è molto simile al tuo: ho iniziato da autodidatta e poi, anni dopo, ho deciso di mettermi a studiare per capire quello che stavo facendo un po' a casaccio. Inizialmente sono andato da un maestro non troppo lontano da casa mia, ma dopo quasi un anno, avendo iniziato già in età adulta e con un livello di solfeggio non proprio terra terra (grazie più che altro ad amici musicisti pazienti) oltre al fatto che ero perfettamente consapevole di quello che volevo, mi sono reso conto che quel maestro non faceva al caso mio, così ho iniziato a cercarne uno di mentalità musicale (per lo meno) rigorosamente anglosassone (di quelli che ti parlano dei Led Zeppelin e non delle Orme o dei Cugini di campagna... per capirci) Ho avuto la fortuna di trovare un tipo sulla cinquantina (Bryan) nato a Baltimore e in italia da una decina di anni. L'approccio didattico del maestro americano era opposto a quello del maestro italiano: molto accademico del tipo: impara e studia fin quando non riesci a fare esattamente come ti ho insegnato (bocciando ogni iniziativa) per quanto riguarda l'italiano, e... "queste sono le regole guida, ma se ti viene diversamente e ti suona bene, allora va bene, l'importante è che ne sei consapevole". Nel mio caso, l'affrontare la musica in maniera più cosciente mi ha aiutato parecchio. Come ho scritto in altro thread, quando scrivo canzoni lo faccio sempre d'istinto, ma sto parlando del tema, del hook, dell'idea primordiale, ma se poi la canzone non viene sviluppata in modo coerente e ordinato, è facile finire nella confusione totale, rovinando l'idea iniziale, anche se buona (questo non c'entra nulla col discorso stilistico e di linguaggio, in questo caso parlo della forma nel senso stretto del termine). E' come pensare di costruire una casa senza alcuna nozione: magari parti da una buona idea iniziale, ma inevitabilmente alla fine ti crolla tutto addosso se non costruisci seguendo delle specifiche regole che permettono alla casa (o idea) di rimanere in piedi.

Nel mio caso abituarmi a ragionare musicalmente come un inglese o americano (quelli superiori emo ) mi ha messo in condizioni di scrivere anche come uno di loro, e la reazione dei ragazzi inglesi ai miei pezzi ne è la prova. Da non dimenticare assolutamente che, al pari dello studio, è di vitale importanza ascoltare tanta e ogni tipo di genere musicale (nel mio caso però, evito come la peste tutta la musica italiana... conosciuta, quella che si sente alla radio). Preferisco ascoltare i Pan del diavolo, i c+c Maxigross ecc..., se proprio devo ascoltare italiano, piuttosto che i vari Vasco, Negramaro, Ferro ecc...
Edited 23 Set. 2013 10:48
Michele76 23-09-13 15.51
.
Edited 25 Set. 2013 15:11
anonimo 23-09-13 16.14
Gixson ha scritto:
Preferisco ascoltare i Pan del diavolo, i c+c Maxigross ecc..., se proprio devo ascoltare italiano, piuttosto che i vari Vasco, Negramaro, Ferro ecc...


Secondo me il circolo dei musicisti italiani soffre di un complesso di inferiorità dovuto a vari fattori storici, un pò come l'Italia che ha fatto sé stessa ma deve ancora fare gli italiani.
Per esempio, prendiamo il jazz: se ascolto Coltrane, Parker, Monk, Mingus, Davis o i contemporanei Dave Holland, Ornette Coleman, sento le vibrazioni del jazz, la rabbia, la ribellione, l'altra faccia dell'America. E li ascolto.
Se ascolto Bollani, Fresu, Rava e compagnia bella sento dei diplomati in conservatorio che si sono specializzati nella musica jazz e te lo vogliono dimostrare ex-catedra. Senza contare che fanno parte di una certa sinistra salottiera che non sono mai riuscito a sopportare.
Il jazz è nato nei bordelli parigini ed esportato poi nelle città francofone americane. E' nato dal basso ed è diventato un movimento rappresentativo dell'apartheid.
Il jazz bianco ha mentalizzato la forma del jazz nero, totalmente impulsiva nelle proprie improvvisazioni, lo ha mischiato alla samba per renderlo più pop e più frivolo, meno impegnato e più da lacrimuccia.
Il jazz è stato, come il blues, l'anticamera del rock.
In Europa è un fenomeno da salotto importato dagli Usa, la risposta della sinistra salottiera alla destra nobile del teatro lirico e dell'opera. Niente di più. Il jazz fa parte dell'america, se non ci sei nato o cresciuto non potrai mai esprimere il jazz, potrai soltanto suonarlo, che non è la stessa cosa.
Mettiamo troppo al centro le note spesso ignorando che è più importante il contesto in cui esse sono partorite.
Sotto questa luce considero più jazz un rapper delle borgate romane rispetto a un musicista italiano di jazz, lo scrivo senza provocazione alcuna.
Edited 23 Set. 2013 14:17
vin_roma 23-09-13 16.49
x spectrum: approvo anche se molto jazz nostrano, anni fa, ha avuto da dire la sua con dignità e lo condidero come frutto di un ramo che è uscito dallo steccato, una cosa a se.

Oggi, a parte qualcuno che vive della linfa giusta, esiste una schiera di imitatori forse anche grazie alle scuole, che più che scoprire o attivare menti creative creano replicanti che credono che il jazz sia una teoria fatta di scale e sostituzioni armoniche. E in questo panorama troviamo anche eccellenti "imitatori", bravissimi, che ti fanno strabuzzare occhi ed orecchie per quanto sono bravi ma che non offrono la vibrazione giusta.
Edited 23 Set. 2013 15:05
anonimo 23-09-13 18.02
vin_roma ha scritto:
molto jazz nostrano, anni fa, ha avuto da dire la sua con dignità


Se ti riferisci alla generazione di Franco Cerri, Nicola Arigliano, Romano Mussolini, Gorni Kramer fino ai derivati degli anni 70 (Area, Napoli Centrale, Perigeo, etc.) allora sono d'accordo con te. I primi d'altronde suonavano quando gli americani ce li avevamo fisicamente in casa, il periodo della dolce vita, per cui era un capitolo a sé stante. I secondi, figli dei primi si contraddistinguevano dai contemporanei per umiltà, profonda passione, spirito di ricerca e non di emulazione.

vin_roma ha scritto:
esiste una schiera di imitatori forse anche grazie alle scuole


Togli pure il forse. E' esclusivamente grazie alle scuole (nelle quali includo le classi jazz di conservatorio), che ti insegnano a passar la vita a tirar giù trascrizioni degli assoli di tizio e caio invece di motivarti a una ricerca personale. E non potrebbe essere altrimenti, un insegnante onesto ti direbbe: "vuoi imparare il jazz? Fai le valige e vai negli States senza pensarci due volte. Non lo imparerai mai del tutto, ma ci andrai più vicino di quanto tu possa restando qui".

Pensa al Montreux Jazz Festival, uno dei più importanti al mondo, guarda i suoi programmi, accanto a (pochissimi) nomi illustri del jazz puro, troverai molti nomi di avanguardie che fondono le sonorità jazz a nuovi stili, l'hip-hop, il gangsta, la world music, il punk, il metal, la classica, l'elettronica etc oppure che ne vivono e condividono la natura ribelle senza necessarimente essere jazzisti (vedi Johnny Cash, Manu Chao, i Pogues e altri). Qui in Italia siamo rimasti al concetto vetusto che Jazz = real book . E questo vale anche per altri generi e campi dell'arte. Per esempio, riferendoci al rock, un amico londinese l'estate scorsa mi disse:"ma qui suonate i police, i pink floyd, clapton.. è musica vecchia, per anziani, è superata.". Come dargli torto? Eppure entri nelle scuole di musica e che brani ti insegnano? message in a bottle, tears in heaven, wish you were here, let it be...
Edited 23 Set. 2013 16:35
vin_roma 23-09-13 18.54
Spectrum, sei bello incazzato pure tu con l' andazzo italiano eh?


Edited 23 Set. 2013 17:07
anonimo 24-09-13 03.38
No. Sono indifferente da sempre all'andazzo italiano, a parte pochi cantautori e gruppi di nicchia che seguivo tempo fa. Ora ascolto quasi nulla, ogni tanto un pò di classica, prog d'annata o musica cosmica, a seconda dell'umore.
Però, tu mi capirai, mica posso andare a giro coi tappi alle orecchie.