@ anonimo
Contemporaneamente nella stanza accanto, chiusa la porta doppia, nel silenzio improvviso delle pareti imbottite, si consuma invece il rito per pochi eletti della "lezione privata".
Oh Paolino Silvestri, nume dell'armonia funzionale ove tutto si risolve ed ogni conflitto si placa nell'ordine assoluto della fisica acustica, oh Claudio Lugo, impresentabile nei suoi pantaloni alla sviluppo da coreano del nord, sguardo eternamente fisso sui misteri esoterici dell'approccio modale, oh decine di maestrini famosi e meno famosi che, in quelle stanzette asfittiche, avete cercato per quatto soldi malguadagnati di scoprire insieme ai vostri allievi qual'è veramente il segreto del jazz.
Ognuno col suo sistema, ognuno col suo metodo, conventicole segrete che mai si confrontavano o si parlavano, ognuno certo di sapere la verità ma in cuor suo spaventato ed insicuro come non mai; metodi acerbi, perdipiù, assolutamente inadeguati, e col senno di poi è facile dirlo, a spiegare anche ellitticamente, parzialmente, qual' è il segreto che ti fa improvvisare.
Alcuni, comunque, ce la facevano. Nonostante il loro metodo, anzi direi persino contro il loro metodo.
Una frase smozzicata, due note, un'intuizione malesposta, e la Verità si mostrava. Scintillante. Luminosa. Innegabile ed eterna.
Lì, da quelle due parole dette magari inconsapevolmente, nasceva il germe che, piantato in una sera d'inverno sotto il fango del caos della musica d'insieme e sotto le aride sabbie dei metodi modal-free-lydian-coltraniani, un giorno mi avrebbe fatto balbettare la mia prima, vera frase.
Una frase di blues intera, giusta, precisa, diretta.
Dal cuore alle orecchie dell'ascoltatore. Senza intermediari. Senza teoria. Senza nulla, se non il ricordo vago, annebbiato di quel seme che un giorno lo sparuto maestrino piantò inconsapevolmente nella mia anima di giovinastro malconsigliato.
[FINE]
touché
questa fa il paio con la jam durante la nevicata... indimenticabile.
Sarebbe cosa buona e giusta una raccolta...seriamente