Un pensiero sul Natale

wildcat80 25-12-24 22.04
Non ricordo un Natale in cui non si sia discusso della perdita del significato religioso della festa e del sopravvento dell'aspetto commerciale, che è vero ed innegabile; tuttavia mi faceva piacere condividere con voi una mia riflessione differente.
Le festività del periodo natalizio sono antecedenti al Natale cristiano, non è nulla di nuovo: si innesta sulle festività preesistenti di origine romana (Sole Invitto e Saturnali) e germanica (Sabbat di Yule), prende spunto dalle usanze popolari basse, ereditando una simbologia che sopravvive ai giorni nostri.
La luce come elemento decorativo centrale, lo scambio di doni, l'albero di Natale, alcune preparazioni gastronomiche, la figura di Babbo Natale (che non è un'invenzione della Coca Cola, ma che tramite la figura di Sinterklaas/Santa Claus deriva dalla celebrazione dell'inverno nelle sembianze di Odino, un vecchio barbuto col cappello), il vischio e l'agrifoglio sono usanze antichissime, che con il (relativamente più moderno) Presepe formano un sincretismo antichissimo, quasi millenario.
Le genti hanno sempre festeggiato l'alternanza delle stagioni, dalla notte dei tempi; gli eventi naturali e soprattutto quelli astronomici sono sempre stati di primaria importanza, perché scandiscono il tempo e le attività legate alla campagna.
La festività del Natale è appunto una di queste, forse la più importante in quanto legata al sole che vince le tenebre, in modo particolare è un fenomeno sentito al nord, dove gli inverni sono particolarmente rigidi e bui.
Queste premesse sono fondamentali al significato universale del Natale e del perché viene più o meno festeggiato anche in contesti culturalmente lontanissimi come il Giappone, e non solo con valenza commerciale, ma con comuni sentimenti di bontà, amore familiare e fratellanza.
Il Natale ancestrale è la festa della sopravvivenza, del sole simbolicamente, ma nella realtà della sopravvivenza delle comunità alla stagione più difficile. La comunità sopravvive alle ostilità ambientali se è unità.
La comunità sopravvive se è legata da sentimenti di comunione.
È questo forse il vero significato più ancestrale ed innato del Natale? Celebrare l'unità solidale fra le persone contro il freddo, contro il buio, contro la terra che per qualche mese smette quasi di fornire nutrimento.
Celebrare la comunità, la famiglia.
Il calore del Natale non è forse quel calore di fuochi, focolari e camini che da millenni sono serviti all'uomo per sopravvivere al freddo e rigido inverno, attorno ai quali i clan, le famiglie, le comunità si sono riunite per millenni.
E se questo è davvero il significato più profondamente selvaggio e ancestrale del Natale, la speranza che non venga cancellato da lustrini e coccarde è forte.
Vale la pena festeggiare il nostro Natale, sia per chi ha fede, che per chi non la ha: il Natale è una festa di vita e comunione, c'è chi la nobilita con la ricorrenza della Nascita, c'è chi dietro alle luci delle vetrine sente la necessità di stare con i propri cari, perché in fin dei conti il Natale è quello: calore, unità, amore.
Buon Natale a tutti!
Sbaffone 26-12-24 10.21
Bel pippone, Auguri!
cecchino 28-12-24 09.17
@ wildcat80
Non ricordo un Natale in cui non si sia discusso della perdita del significato religioso della festa e del sopravvento dell'aspetto commerciale, che è vero ed innegabile; tuttavia mi faceva piacere condividere con voi una mia riflessione differente.
Le festività del periodo natalizio sono antecedenti al Natale cristiano, non è nulla di nuovo: si innesta sulle festività preesistenti di origine romana (Sole Invitto e Saturnali) e germanica (Sabbat di Yule), prende spunto dalle usanze popolari basse, ereditando una simbologia che sopravvive ai giorni nostri.
La luce come elemento decorativo centrale, lo scambio di doni, l'albero di Natale, alcune preparazioni gastronomiche, la figura di Babbo Natale (che non è un'invenzione della Coca Cola, ma che tramite la figura di Sinterklaas/Santa Claus deriva dalla celebrazione dell'inverno nelle sembianze di Odino, un vecchio barbuto col cappello), il vischio e l'agrifoglio sono usanze antichissime, che con il (relativamente più moderno) Presepe formano un sincretismo antichissimo, quasi millenario.
Le genti hanno sempre festeggiato l'alternanza delle stagioni, dalla notte dei tempi; gli eventi naturali e soprattutto quelli astronomici sono sempre stati di primaria importanza, perché scandiscono il tempo e le attività legate alla campagna.
La festività del Natale è appunto una di queste, forse la più importante in quanto legata al sole che vince le tenebre, in modo particolare è un fenomeno sentito al nord, dove gli inverni sono particolarmente rigidi e bui.
Queste premesse sono fondamentali al significato universale del Natale e del perché viene più o meno festeggiato anche in contesti culturalmente lontanissimi come il Giappone, e non solo con valenza commerciale, ma con comuni sentimenti di bontà, amore familiare e fratellanza.
Il Natale ancestrale è la festa della sopravvivenza, del sole simbolicamente, ma nella realtà della sopravvivenza delle comunità alla stagione più difficile. La comunità sopravvive alle ostilità ambientali se è unità.
La comunità sopravvive se è legata da sentimenti di comunione.
È questo forse il vero significato più ancestrale ed innato del Natale? Celebrare l'unità solidale fra le persone contro il freddo, contro il buio, contro la terra che per qualche mese smette quasi di fornire nutrimento.
Celebrare la comunità, la famiglia.
Il calore del Natale non è forse quel calore di fuochi, focolari e camini che da millenni sono serviti all'uomo per sopravvivere al freddo e rigido inverno, attorno ai quali i clan, le famiglie, le comunità si sono riunite per millenni.
E se questo è davvero il significato più profondamente selvaggio e ancestrale del Natale, la speranza che non venga cancellato da lustrini e coccarde è forte.
Vale la pena festeggiare il nostro Natale, sia per chi ha fede, che per chi non la ha: il Natale è una festa di vita e comunione, c'è chi la nobilita con la ricorrenza della Nascita, c'è chi dietro alle luci delle vetrine sente la necessità di stare con i propri cari, perché in fin dei conti il Natale è quello: calore, unità, amore.
Buon Natale a tutti!
Leggo in ritardo, e la mia triste sensazione è che oggigiorno si sia in larga parte perso proprio lo spirito comunitario. Non lo si vede solo dalle celebrazioni natalizie.
Auguri, Doc!
Ilaria_Villa 28-12-24 16.24
@ wildcat80
Non ricordo un Natale in cui non si sia discusso della perdita del significato religioso della festa e del sopravvento dell'aspetto commerciale, che è vero ed innegabile; tuttavia mi faceva piacere condividere con voi una mia riflessione differente.
Le festività del periodo natalizio sono antecedenti al Natale cristiano, non è nulla di nuovo: si innesta sulle festività preesistenti di origine romana (Sole Invitto e Saturnali) e germanica (Sabbat di Yule), prende spunto dalle usanze popolari basse, ereditando una simbologia che sopravvive ai giorni nostri.
La luce come elemento decorativo centrale, lo scambio di doni, l'albero di Natale, alcune preparazioni gastronomiche, la figura di Babbo Natale (che non è un'invenzione della Coca Cola, ma che tramite la figura di Sinterklaas/Santa Claus deriva dalla celebrazione dell'inverno nelle sembianze di Odino, un vecchio barbuto col cappello), il vischio e l'agrifoglio sono usanze antichissime, che con il (relativamente più moderno) Presepe formano un sincretismo antichissimo, quasi millenario.
Le genti hanno sempre festeggiato l'alternanza delle stagioni, dalla notte dei tempi; gli eventi naturali e soprattutto quelli astronomici sono sempre stati di primaria importanza, perché scandiscono il tempo e le attività legate alla campagna.
La festività del Natale è appunto una di queste, forse la più importante in quanto legata al sole che vince le tenebre, in modo particolare è un fenomeno sentito al nord, dove gli inverni sono particolarmente rigidi e bui.
Queste premesse sono fondamentali al significato universale del Natale e del perché viene più o meno festeggiato anche in contesti culturalmente lontanissimi come il Giappone, e non solo con valenza commerciale, ma con comuni sentimenti di bontà, amore familiare e fratellanza.
Il Natale ancestrale è la festa della sopravvivenza, del sole simbolicamente, ma nella realtà della sopravvivenza delle comunità alla stagione più difficile. La comunità sopravvive alle ostilità ambientali se è unità.
La comunità sopravvive se è legata da sentimenti di comunione.
È questo forse il vero significato più ancestrale ed innato del Natale? Celebrare l'unità solidale fra le persone contro il freddo, contro il buio, contro la terra che per qualche mese smette quasi di fornire nutrimento.
Celebrare la comunità, la famiglia.
Il calore del Natale non è forse quel calore di fuochi, focolari e camini che da millenni sono serviti all'uomo per sopravvivere al freddo e rigido inverno, attorno ai quali i clan, le famiglie, le comunità si sono riunite per millenni.
E se questo è davvero il significato più profondamente selvaggio e ancestrale del Natale, la speranza che non venga cancellato da lustrini e coccarde è forte.
Vale la pena festeggiare il nostro Natale, sia per chi ha fede, che per chi non la ha: il Natale è una festa di vita e comunione, c'è chi la nobilita con la ricorrenza della Nascita, c'è chi dietro alle luci delle vetrine sente la necessità di stare con i propri cari, perché in fin dei conti il Natale è quello: calore, unità, amore.
Buon Natale a tutti!
emo