@ WTF_Bach
Vorrei ora parlarvi di quell’essere ibrido, in via di estinzione, insomma quell’ircocervo dalla chimerica assurdità che è il GIOVINE CANTANTE LIRICO.
IL GIOVIN TENORE
Basso, formoso, il torace a guisa di capiente botticella, il giovin tenore si riconosce per il viso più piatto di un coreano affetto da estremo ortognatismo, su cui un’esile barbetta ben curata e disegnata dipinge dei tratti d’altri tempi.
Di nome Tebaldo, Manfredi o in rari casi Otello e Ricciardo, il giovane artista si aggira per i baretti più infimi del centro città, catafratto in tetri tabarri ottocenteschi, avviluppato da un numero imprecisato di sciarpe, cache-col e pashmine ereditate dalla vecchia zia melomane.
Egli ordina senza sosta ponce al mandarino e cioccolate con panna, il volto atteggiato a mistica fierezza, testimone di una scapigliatura bohemienne che neanche Arrigo Boito; parla sempre sottovoce, con toni melliflui e flautati da gesuita in pensione.
È uno scroccone da far impallidire Poldo Sbaffini: se lo incontrate per caso, fingete di non averlo visto e datevela a gambe al più presto, o vi estorcerà decine di ponce, maritozzi con panna, lastre smisurate di farinata di ceci e mezzi litri di bianco della casa.
Tra un ponce e l’altro, non perderà occasione di parlarvi male dei suoi colleghi - tutti dei cani sfiatati, ingolati e senza “smalto” né squillo - per poi passare senza soluzione di continuità a lodare per un paio d’ore il suo attuale maestro di canto: un genio, un mostro di bravura, un novello Pavarotti la cui carriera operistica è stata purtroppo stroncata dalla tubercolosi canina.
Ça va sans dire che dopo pochi mesi lo sventurato cambierà maestro ed il precedente diventerà come per magia un cane, un reietto ed un orrendo rovina-voci.
Unico aspetto positivo del giovin tenore è che di solito ha una sorella gnocchissima caratterizzata da una facilità di costumi che neanche le scimmie bonobo e del tutto estranea al soffocante microcosmo della lirica.
IL GIOVIN BASSO
Altissimo, magrissimo, sparuto, i capelli lunghi e stopposi, la barba incolta e gli incisivi sporgenti: eccovi, miei piccoli amici, il giovin basso.
Pallido come se fosse reduce da una gravissima polmonite interstiziale, sputazzante, gli occhi febbricitanti e le labbra esangui, costui non parla: codesto marfanoide brontola, tuona, esplode un coacervo di vocali e consonanti doppie da fare invidia ad una deflagrazione atomica in Dolby surround.
Nonostante la magrezza disumana, questo losco figuro (spesso nomato Boris, Dietrich o Santino) mangia più di un battaglione di aztechi a digiuno: nessun cibo gli è improbo, fagocita di tutto, dai più pregiati tartufi alle sbobbe più immonde - ovviamente non paga mai, accampando le scuse più fantasiose (il cane gli ha mangiato il portafoglio, gli hanno clonato l’home banking, ha investito tutti i suoi averi in un’opportunità fantastica).
Invidiosissimo dei giovini tenori, non perde occasione di parlarne male, dipingendoli come amusici tronfi e boriosi, piccoli egocentrici senza voce. Dei suoi colleghi bassi non parla - ce ne sono forse tre o quattro in tutt’Italia.
IL GIOVIN BARITONO
Specie estinta: tutti gli aspiranti operisti vorrebbero essere tenori e se proprio non ce la fanno ripiegano su una facile carriera di basso, ove è sufficiente brontolare vocali catarrose per farsi la nomea di ottimi professionisti..
Insomma, la caratteristica saliente della categoria è l’essere scroccone
Annamo bene, annamo proprio bene… (cit.)