27-02-25 09.17
Facciamo un recap, in ambito tecnico:
- cuffie aperte e semiaperte per mix o comunque sessioni di ascolto prolungato, perché affaticano meno e forniscono un'esperienza di ascolto simile all'ambiente;
- cuffie chiuse per registrazione perché isolano totalmente, annullano i rientri e garantiscono il focus su ciò che si sta facendo, sono decisamente più stancanti, e offrono un ascolto generalmente meno neutro (anche solo perché banalmente potenziano la trasmissione sonora per via ossea);
- cuffie in ear: oggi se non usi gli in ear sei out. Nascono, in ambito tecnico, come alternativa "intelligente", alle classiche spie; garantirebbero un buon isolamento, ma come qualsiasi cuffia auricolare, hanno il problema del driver miniaturizzato: per avere una buona esperienza d'ascolto, occorre spendere per avere un modello che offra un ascolto qualitativo.
A completamento, visto che non mi pare che tu abbia strumentazioni di livello professionale (come tutti noi del resto), ricordo il seguente assioma: in una catena di ascolto/registrazione, il suono lo fa l'anello debole, non quello più forte.
E la differenza la fa sempre il manico di chi utilizza la strumentazione.
È quindi inutile spendere soldi in maniera sproporzionata rispetto al resto della strumentazione sperando di ottenere chissà quali risultati: la prima cosa da fare è investire sulla formazione personale per imparare a fare rendere al meglio ciò di cui si dispone, poi si valutano le migliorie.
Nel caso specifico, mi pare siano state consigliate già cuffie da studio ben più che decorose.
Gli in ear sono semplicemente un oggetto di moda, basti pensare che la prima epidemia di in ear per monitoraggio proveniva da siti tipo Temu, immaginate quale affidabilità e fedeltà potevano garantire quelle cinesate....