Musica e pentagramma

  • anonimo

10-02-20 10.19

Credo di essere uno dei maggiori sostenitori che ci siano qui sul forum riguardo all'importanza del pentagramma, della capacità di lettura, dell'evitare le scorciatoie notazionali.

Detto questo, vorrei chiarire una volta per tutte la mia visione del rapporto che c'è tra musica scritta e musica suonata.

A mio avviso la musica scritta sta alla musica suonata come una carta geografica sta al territorio.

Nonostante la massima attenzione notazionale, l'uso di segni diacritici, i mille artifizi che si possono architettare per chiarire le intenzioni del compositore, le note scritte sul pentagramma saranno sempre una pallida approssimazione di ciò che la musica suonata deve assolutamente essere.

Vorrei condividere qui di seguito con voi (con una bella lista numerata) alcuni spunti di riflessione:

1) Il livello di dettaglio che la musica suonata esige, sia in termini di suddivisione metrica, sia in termini di dinamica, sia in termini di architettura della frase, è troppo complesso per poter essere trascritto correttamente. Anzi, forse sarebbe anche possibile inventare un metodo che permetta la notazione esattissima di ogni dettaglio della musica, ma poi sarebbe estremamente difficile da leggere ed eseguire.

2) La musica ha in se stessa la forza di "imporre" all'esecutore la giusta (o meglio le giuste) esecuzione. Mi spingo più in la: la musica si impone persino al compositore, a me succede spesso che una frase, un'architettura musicale, appena accennate si dipanino quasi autonomamente, spinte dalla forza interiore della loro logica interna; a me non resta che "assecondare" tale parto.

3) Quando leggo uno spartito, in sostanza mi serve da "traccia", da mappa per addentrarmi in un territorio sconosciuto. Ma appena questo territorio lo conosco, diventa molto più che una serie di tratti su un foglio di carta. Un sentiero di montagna è ben più di una linea di inchiostro nero sul bianco di una mappa: è il colore del cielo, le pietre per terra, il profumo dei fiori, gli alberi che delineano l'orizzonte. E similmente è per la musica, dentro una frase c'è un mondo, c'è tanto di più che quattro note scritte sul pentagramma.

4) E allora come fare? Ci sono alcune strategie:

- Non appena imparate le note, disfarsi del pentagramma.
- Ascoltare tante esecuzioni, lasciar penetrare la musica dalle orecchie e non solo dagli occhi.
- Registrarsi ed ascoltarsi.
- Vivere "a bagno" nella musica, far sì che diventi per noi una componente fondamentale della nostra vita, un linguaggio naturale per la nostra mente, un modo di sentire spontaneo per il nostro cuore.
  • BB79
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10-02-20 10.35

@ anonimo
Credo di essere uno dei maggiori sostenitori che ci siano qui sul forum riguardo all'importanza del pentagramma, della capacità di lettura, dell'evitare le scorciatoie notazionali.

Detto questo, vorrei chiarire una volta per tutte la mia visione del rapporto che c'è tra musica scritta e musica suonata.

A mio avviso la musica scritta sta alla musica suonata come una carta geografica sta al territorio.

Nonostante la massima attenzione notazionale, l'uso di segni diacritici, i mille artifizi che si possono architettare per chiarire le intenzioni del compositore, le note scritte sul pentagramma saranno sempre una pallida approssimazione di ciò che la musica suonata deve assolutamente essere.

Vorrei condividere qui di seguito con voi (con una bella lista numerata) alcuni spunti di riflessione:

1) Il livello di dettaglio che la musica suonata esige, sia in termini di suddivisione metrica, sia in termini di dinamica, sia in termini di architettura della frase, è troppo complesso per poter essere trascritto correttamente. Anzi, forse sarebbe anche possibile inventare un metodo che permetta la notazione esattissima di ogni dettaglio della musica, ma poi sarebbe estremamente difficile da leggere ed eseguire.

2) La musica ha in se stessa la forza di "imporre" all'esecutore la giusta (o meglio le giuste) esecuzione. Mi spingo più in la: la musica si impone persino al compositore, a me succede spesso che una frase, un'architettura musicale, appena accennate si dipanino quasi autonomamente, spinte dalla forza interiore della loro logica interna; a me non resta che "assecondare" tale parto.

3) Quando leggo uno spartito, in sostanza mi serve da "traccia", da mappa per addentrarmi in un territorio sconosciuto. Ma appena questo territorio lo conosco, diventa molto più che una serie di tratti su un foglio di carta. Un sentiero di montagna è ben più di una linea di inchiostro nero sul bianco di una mappa: è il colore del cielo, le pietre per terra, il profumo dei fiori, gli alberi che delineano l'orizzonte. E similmente è per la musica, dentro una frase c'è un mondo, c'è tanto di più che quattro note scritte sul pentagramma.

4) E allora come fare? Ci sono alcune strategie:

- Non appena imparate le note, disfarsi del pentagramma.
- Ascoltare tante esecuzioni, lasciar penetrare la musica dalle orecchie e non solo dagli occhi.
- Registrarsi ed ascoltarsi.
- Vivere "a bagno" nella musica, far sì che diventi per noi una componente fondamentale della nostra vita, un linguaggio naturale per la nostra mente, un modo di sentire spontaneo per il nostro cuore.
Forse dirò una banalità, ma la direzione forse serve proprio a fornire agli esecutori quelle indicazioni non scritte??
Pur essendo una frana assoluta nella notazione, non avendone mai studiata "cum grano", mi voglio avventurare a risponderti, segnatamente:
1) credo proprio di si, pensiamo anche solamente alla indicazione "con swing", che secondo me può sottintendere mille modi di concepire un inciso, una frase, una strofa;
2) sono d'accordo, ad esempio l'armonia contiene delle regole, quasi "naturali", che debbono essere ascoltate, più che lette: immaginiamo il suono di una cadenza o di una progressione oppure il profumo che caratterizza certi "modi";
3) non posso risponderti perché sono in grado di leggere, con sufficiente rapidità, solamente le sigle. Pertanto per me c'è molto di più che non nel foglio emoemoemo;
4) come non essere d'accordo su tali strategie?emo
  • anonimo

10-02-20 10.37

BB79 ha scritto:
la direzione forse serve proprio a fornire agli esecutori quelle indicazioni non scritte??


Pensa che è proprio da questa constatazione, che facevo tra me e me stamattina passeggiando da casa mia all'ufficio, che mi è sorta questa riflessione...
  • benjomy
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10-02-20 10.37

@ anonimo
Credo di essere uno dei maggiori sostenitori che ci siano qui sul forum riguardo all'importanza del pentagramma, della capacità di lettura, dell'evitare le scorciatoie notazionali.

Detto questo, vorrei chiarire una volta per tutte la mia visione del rapporto che c'è tra musica scritta e musica suonata.

A mio avviso la musica scritta sta alla musica suonata come una carta geografica sta al territorio.

Nonostante la massima attenzione notazionale, l'uso di segni diacritici, i mille artifizi che si possono architettare per chiarire le intenzioni del compositore, le note scritte sul pentagramma saranno sempre una pallida approssimazione di ciò che la musica suonata deve assolutamente essere.

Vorrei condividere qui di seguito con voi (con una bella lista numerata) alcuni spunti di riflessione:

1) Il livello di dettaglio che la musica suonata esige, sia in termini di suddivisione metrica, sia in termini di dinamica, sia in termini di architettura della frase, è troppo complesso per poter essere trascritto correttamente. Anzi, forse sarebbe anche possibile inventare un metodo che permetta la notazione esattissima di ogni dettaglio della musica, ma poi sarebbe estremamente difficile da leggere ed eseguire.

2) La musica ha in se stessa la forza di "imporre" all'esecutore la giusta (o meglio le giuste) esecuzione. Mi spingo più in la: la musica si impone persino al compositore, a me succede spesso che una frase, un'architettura musicale, appena accennate si dipanino quasi autonomamente, spinte dalla forza interiore della loro logica interna; a me non resta che "assecondare" tale parto.

3) Quando leggo uno spartito, in sostanza mi serve da "traccia", da mappa per addentrarmi in un territorio sconosciuto. Ma appena questo territorio lo conosco, diventa molto più che una serie di tratti su un foglio di carta. Un sentiero di montagna è ben più di una linea di inchiostro nero sul bianco di una mappa: è il colore del cielo, le pietre per terra, il profumo dei fiori, gli alberi che delineano l'orizzonte. E similmente è per la musica, dentro una frase c'è un mondo, c'è tanto di più che quattro note scritte sul pentagramma.

4) E allora come fare? Ci sono alcune strategie:

- Non appena imparate le note, disfarsi del pentagramma.
- Ascoltare tante esecuzioni, lasciar penetrare la musica dalle orecchie e non solo dagli occhi.
- Registrarsi ed ascoltarsi.
- Vivere "a bagno" nella musica, far sì che diventi per noi una componente fondamentale della nostra vita, un linguaggio naturale per la nostra mente, un modo di sentire spontaneo per il nostro cuore.
argomento molto interessante.
per me che vengo dalla musica classica il pentagramma è una sorta di "oracolo" le cui indicazioni hanno valore divino e devono essere seguite alla lettera.
ricordo le disquisizioni non solo in merito al pentagramma, ma alle varie versioni (cito, ad esempio, gli studi di Chopin, edizione Brugnoli o edizione Paderewsky per dirne due a caso). Non parliamo poi delle indicazione del pedale, del tempo metronomico, della diteggiatura.
E spesso, in ambito musica classica, qualsiasi deviazione da quello che è rigorosamente indicato, a meno di chiamarti Glenn Gould, risulta come un errore macriscopico.
Mi duole dirlo, ma l'impostazione che ancora oggi ritrovo nelle disquisizioni fra pianisti strettamente classici, è la medesima.
E mi duole dire che un motivo che anni fa mi spinse ad allontanarmi dalla musica classica in senso stretto fu proprio questo: si parla tanto di interpretazioni, ma poi si è tutti pronti a demolire l'esecutore se un brano viene eseguito più lento, più veloce, o suonando un F invece che un p....
in altri ambiti, invece, ciò che tu dici è molto più valido ed è anzi, il substrato della musica: la propria creatività anche nella semplice riarmonizzazione di una semplice canzone pop


  • anonimo

10-02-20 10.41

o leggi o suoni
  • anonimo

10-02-20 10.41

@ benjomy
argomento molto interessante.
per me che vengo dalla musica classica il pentagramma è una sorta di "oracolo" le cui indicazioni hanno valore divino e devono essere seguite alla lettera.
ricordo le disquisizioni non solo in merito al pentagramma, ma alle varie versioni (cito, ad esempio, gli studi di Chopin, edizione Brugnoli o edizione Paderewsky per dirne due a caso). Non parliamo poi delle indicazione del pedale, del tempo metronomico, della diteggiatura.
E spesso, in ambito musica classica, qualsiasi deviazione da quello che è rigorosamente indicato, a meno di chiamarti Glenn Gould, risulta come un errore macriscopico.
Mi duole dirlo, ma l'impostazione che ancora oggi ritrovo nelle disquisizioni fra pianisti strettamente classici, è la medesima.
E mi duole dire che un motivo che anni fa mi spinse ad allontanarmi dalla musica classica in senso stretto fu proprio questo: si parla tanto di interpretazioni, ma poi si è tutti pronti a demolire l'esecutore se un brano viene eseguito più lento, più veloce, o suonando un F invece che un p....
in altri ambiti, invece, ciò che tu dici è molto più valido ed è anzi, il substrato della musica: la propria creatività anche nella semplice riarmonizzazione di una semplice canzone pop


Sante parole, Nicola...Basta sentire le 9 sinfonie dirette da Karajan o quelle dirette da Bernstein per rendersi conto di come si possa, partendo dallo stesso pentagramma, arrivare a due risultati diversi.

Non credo che fornendo ad un sofisticatissimo automa lo spartito di un notturno di Chopin, questo potrebbe sfornare un esecuzione veramente musicale.

Perchè la musica, quella vera, sta al di là delle note.
  • anonimo

10-02-20 10.42

@ anonimo
o leggi o suoni
Parole apparentemente ovvie, ma molto sagge in verità.
  • BB79
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10-02-20 11.03

@ anonimo
o leggi o suoni
Baffo santo subito!emoemoemoemo
  • anonimo

10-02-20 11.06

da profano chiedo: quali sono le alternative al pentagramma?
La domanda nasce dal fatto che non lo trovo immediato imparare a suonare leggendo cerchietti su n righe ed n spazi e poi, se non ci si esercita continuamente nella lettura è una abilità che si perde col tempo.
Penso a quelli che hanno inventato le sigle degli accordi i quali hanno zippato emo, passatemi il termimine, gruppi di note; ti dico ad esempio C7 e tu capisci che devi premere ben 4 note, questa è una figata IMHO emo
Ma quando ti vedi una sbrodolata di note in cascata dove anche la tecnica divide et impera a volte fatica anche quella, boh, forse ci vuole un asoluzione moderna: quale secondo voi?
Ci avete mai pensato?
Possibile che non esista nulla di meglio e di più immediato?
  • anonimo

10-02-20 11.15

@ anonimo
da profano chiedo: quali sono le alternative al pentagramma?
La domanda nasce dal fatto che non lo trovo immediato imparare a suonare leggendo cerchietti su n righe ed n spazi e poi, se non ci si esercita continuamente nella lettura è una abilità che si perde col tempo.
Penso a quelli che hanno inventato le sigle degli accordi i quali hanno zippato emo, passatemi il termimine, gruppi di note; ti dico ad esempio C7 e tu capisci che devi premere ben 4 note, questa è una figata IMHO emo
Ma quando ti vedi una sbrodolata di note in cascata dove anche la tecnica divide et impera a volte fatica anche quella, boh, forse ci vuole un asoluzione moderna: quale secondo voi?
Ci avete mai pensato?
Possibile che non esista nulla di meglio e di più immediato?
1) La sigla è talvolta utile, ma se il pentagramma già fornisce solo un'approssimazione della vera musica che ci sta dietro, la sigla fornisce ancor di meno:
- la sigla non fornisce il voicing
- la sigla non fornisce i rivolti
- la sigla (o meglio una serie di sigle) non fornisce indicazioni precise per la condotta delle parti
- la sigla può divenire assai complessa da decrittare in caso di accordi estesi ed alterati
- Ma sopratutto la sigla è spesso fonte di ambiguità riguardo le estensioni, le alterazioni etcetera

2) Finora non è stata inventata alcuna strategia di notazione migliore di quella classica (a parte, forse e limitatamente, la solmisazione). Ed anche se qualcuno la inventasse, la vedo dura a:
- riscrivere tuttla la letteratura musicale esistente nella nuova notazione
- vincere la forza dell'abitudine di milioni di musicisti

3) La cosa migliore da fare è imparare a leggere. Ci sono diversi metodi di apprendimento della lettura (ad esempio quello che scinde l'altezza, la misurazione ed il ritmo), ci sono molte app dedicate. Bisogna mettersi sotto e studiare.
  • maverplatz
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  • Thanks: 125  

10-02-20 11.18

Altro esempio: un'indicazione di tempo che non mi è mai stata chiara, al dire il vero, non mi è chiara l'interpretazione che ne viene data.
Beethoven, sonata nr.13 in Mi bemolle maggiore, opus 27 nr.1, secondo movimento, tempo: "Allegro molto vivace".
Anche ipotizzando un metronomo a 160-180, le note indicate sono tutte semiminime (quarti), pertanto l'esecuzione non sarebbe affatto veloce.
Eppure, sentite come la esegue Pollini (a 5'05").
Un po' più lenta: Arrau (a 6'00")
Ancora più lenta (ci avviciniamo alla scrittura): Barenboim (a 5'30")
...
  • anonimo

10-02-20 11.20

@ anonimo
da profano chiedo: quali sono le alternative al pentagramma?
La domanda nasce dal fatto che non lo trovo immediato imparare a suonare leggendo cerchietti su n righe ed n spazi e poi, se non ci si esercita continuamente nella lettura è una abilità che si perde col tempo.
Penso a quelli che hanno inventato le sigle degli accordi i quali hanno zippato emo, passatemi il termimine, gruppi di note; ti dico ad esempio C7 e tu capisci che devi premere ben 4 note, questa è una figata IMHO emo
Ma quando ti vedi una sbrodolata di note in cascata dove anche la tecnica divide et impera a volte fatica anche quella, boh, forse ci vuole un asoluzione moderna: quale secondo voi?
Ci avete mai pensato?
Possibile che non esista nulla di meglio e di più immediato?
dipende dal contesto, se hai un brano pop o jazz (tipo maiden voyage) molto caratterizzato con voicing stabiliti devi per forza usare il pentagramma per rappresentarli, se invece il brano permette un approccio più aperto ti bastano le sigle e il tema, il tema è importante perchè ti permette di correggere eventuali sigle scritte in modo approssimativo, comunque un minimo di lettura del pentagramma devi farla e come diceva un mio maestro "il solfeggio è l'unica cosa che possono imparare tutti"
  • anonimo

10-02-20 11.31

@ anonimo
1) La sigla è talvolta utile, ma se il pentagramma già fornisce solo un'approssimazione della vera musica che ci sta dietro, la sigla fornisce ancor di meno:
- la sigla non fornisce il voicing
- la sigla non fornisce i rivolti
- la sigla (o meglio una serie di sigle) non fornisce indicazioni precise per la condotta delle parti
- la sigla può divenire assai complessa da decrittare in caso di accordi estesi ed alterati
- Ma sopratutto la sigla è spesso fonte di ambiguità riguardo le estensioni, le alterazioni etcetera

2) Finora non è stata inventata alcuna strategia di notazione migliore di quella classica (a parte, forse e limitatamente, la solmisazione). Ed anche se qualcuno la inventasse, la vedo dura a:
- riscrivere tuttla la letteratura musicale esistente nella nuova notazione
- vincere la forza dell'abitudine di milioni di musicisti

3) La cosa migliore da fare è imparare a leggere. Ci sono diversi metodi di apprendimento della lettura (ad esempio quello che scinde l'altezza, la misurazione ed il ritmo), ci sono molte app dedicate. Bisogna mettersi sotto e studiare.
sempre detto da profano: ma allora tutti i brani jazz sono da buttare in quanto le notazioni che vedo in giro ti informano sull'accordo da formare e la melodia.

O forse per il jazz non si adatta la rigidità del mondo classico?
Se così fosse, W il jazz emo
  • anonimo

10-02-20 11.32

@ maverplatz
Altro esempio: un'indicazione di tempo che non mi è mai stata chiara, al dire il vero, non mi è chiara l'interpretazione che ne viene data.
Beethoven, sonata nr.13 in Mi bemolle maggiore, opus 27 nr.1, secondo movimento, tempo: "Allegro molto vivace".
Anche ipotizzando un metronomo a 160-180, le note indicate sono tutte semiminime (quarti), pertanto l'esecuzione non sarebbe affatto veloce.
Eppure, sentite come la esegue Pollini (a 5'05").
Un po' più lenta: Arrau (a 6'00")
Ancora più lenta (ci avviciniamo alla scrittura): Barenboim (a 5'30")
...
Appunto.

È solo sapendo leggere "dietro" le note che si capisce come dev'essere suonato un brano.

A dispetto anche, al limite, di ciò che il compositore ha scritto.
  • anonimo

10-02-20 11.36

@ anonimo
dipende dal contesto, se hai un brano pop o jazz (tipo maiden voyage) molto caratterizzato con voicing stabiliti devi per forza usare il pentagramma per rappresentarli, se invece il brano permette un approccio più aperto ti bastano le sigle e il tema, il tema è importante perchè ti permette di correggere eventuali sigle scritte in modo approssimativo, comunque un minimo di lettura del pentagramma devi farla e come diceva un mio maestro "il solfeggio è l'unica cosa che possono imparare tutti"
però, lo chiedo anche a te in merito ai rivolti: se leggo C/E oppure C/G il rivolto mi viene detto, giusto?
  • anonimo

10-02-20 11.38

@ anonimo
però, lo chiedo anche a te in merito ai rivolti: se leggo C/E oppure C/G il rivolto mi viene detto, giusto?
In questo caso sì. Ma in molti casi si trova il puro e semplice C, che sul rivolto non dice niente.
  • anonimo

10-02-20 11.41

@ anonimo
però, lo chiedo anche a te in merito ai rivolti: se leggo C/E oppure C/G il rivolto mi viene detto, giusto?
dipende, può essere un C in primo o secondo rivolto oppure può essere indicato solo il basso e lasciato libero il voicing superiore
  • anonimo

10-02-20 11.42

Comunque la certezza di cosa si deve suonare la da solo il pentagramma, e neppure quello come dicevamo sopra.

Gli altri metodi si limitano a dare indicazioni e tracce.
  • Petra
  • Membro: Expert
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  • Loc: Udine
  • Thanks: 109  

10-02-20 12.15

@ anonimo
Comunque la certezza di cosa si deve suonare la da solo il pentagramma, e neppure quello come dicevamo sopra.

Gli altri metodi si limitano a dare indicazioni e tracce.
Sono stato abituato a leggere lo spartito: le sigle disturbano. Nel vedere lo spartito intuisco la melodia come l'andamento ritmico, naturalmente brani musicali semplici, non essendo un musicista provetto. Coloro che suonano e cantano usando i testi con i simboli e non il rigo musicale, lo esercitano per emulazione. Con lo spartito non serve conoscere il brano musicale: l'esecuzione del suono e canto lo si ottiene dalle parole e note musicali scritte!
  • anonimo

10-02-20 12.27

Petra ha scritto:
Con lo spartito non serve conoscere il brano musicale


non sono d'accordo, qualsiasi cosa suoni non puoi prescindere da un ascolto