26-07-21 11.15
ad un neofita farei fare un percorso che inizia... dall'inizio.
Trovarsi davanti, senza mai aver ascoltato nulla, un Charlie Parker, un Mehldau, per dire, sarebbe un po' come sbattere contro un muro. Inizierei con un ascolto del primo jazz, delle band creole di New Orleans, da cui è emerso Louis Armstrong (insieme a molti altri), dixieland e ragtime. Potrà sembrare ingenuo, ad un orecchio di oggi, ma prepara al passo successivo che è lo swing, suonato in piccole formazioni o in big band (qua siamo già a New York), i tempi di Duke Ellington, Count Basie, Benny Goodman. Poi passare al bebop (Parker, Gillespie, il primo Coltrane), parallelamente ascoltare il latin jazz (Antonio Carlos Jobim) e il Cool, dove ritroviamo Miles Davis e Coltrane, Bill Evans, i primi passi di Hancock, poi Charles Mingus per apprezzare arrangiamenti quasi-istantanei dei brani. Da qui passare al free jazz con Coleman, Coltrane (negli ultimi lavori), Eric Dolphy.
Davis e Hancock li ritroviamo nel jazz-rock, insieme a moltissimi altri esponenti (metto giusto i Weather Report).
Arriviamo a tempi più vicini, con la Fusion, che secondo alcuni non è altro che una evoluzione del jazz-rock. Qui iniziamo a trovare nomi come Chick Corea, Mike Stern, eccetera.
Dopodichè arriviamo ai giorni nostri dove insieme a mille ramificazioni (electro jazz, smooth) c'è stato secondo me un ritorno all'hard bop, anzi forse più che un ritorno è stato un prendere quello che c'era stato di buono fino a quel momento e metterlo insieme, in modo a volte molto creativo, a volte meno. Comunque in questa fase troviamo nuove e vecchie glorie che hanno saputo interpretare il nuovo corso: Hancock, Jarrett, Mike Stern, poi Brad Mehldau, eccetera.
Questo è un millesimo di quanto si potrebbe elencare, non vanno presi tanto come riferimento i nomi (per 10 che ne ho messo sarebbero da elencarne altri 100) quanto i periodi, per avvezzare gradualmente l'orecchio a quanto si sente, al fine di apprezzare cose che altrimenti risulterebbero assurde, sgradite e cacofoniche.
Nota: il jazz è un camaleonte, muta, travalica confini, quindi i nomi che ho scritto non identificano il genere per i quali li ho presi ad esempio. Tanti hanno attraversato più generi, tanto dipendeva dalle collaborazioni e dalle strade che prendevano. Quindi questi che ho messo non sono paletti, etichette. Il jazz, per definizione, non ha etichette. Va
interpretato come correnti marine che si mescolano e si fondono, o si separano. Dei pesci possono cambiare corrente e sguazzare a più profondità, sempre a proprio agio.