01-04-19 13.22
Se qualcuno di voi se la fosse persa, spero sia gradita l'ultima intervista apparsa su Analog Musician.
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Un momento emozionante, qui alla redazione di Analog Musician, quando abbiamo ricevuto la chiamata con cui ci veniva concessa una breve intervista al grande tastierista e guru Keith "Bob" Pearlman, che attendevamo da tempo.
Bob potrebbe non essere troppo noto al pubblico generalista, ma è certamente un nome molto ben conosciuto nel mondo della musica. Essendo stato dietro alle tastiere per artisti fondamentali come Algerine Dreams, Kraut Sghulze e il compianto David Browie, sia in studio che dal vivo, non è un esagerazione dire che ha avuto un ruolo centrale nel formare la musica sintetica.
Siamo riusciti ad intervistarlo tra due date del tour con il gruppo heavy-metal "The mechwarrior obituaries".
Analog Musician - Ci puoi dire come è iniziato il tuo lavoro con i sintetizzatori?
Keith "Bob" Pearlman - In effetti ho iniziato come suonatore di marimba alla fine degli anni '70 con i KKK
[Nota dell'editore: I KKK sono stati un longevo trio giapponese di musica progressive folk-pop, formato da Ikutaro Kakehashi, Genichi Kawakami e Tsutomu Katoh. Pur non avendo mai ottenuto fama mondiale, hanno contribuito in modo decisivo alla nascita della musica con sintetizzatori.], e sono rimasto affascinato da queste nuove macchine. I ragazzi me le lasciavano suonare nel furgone mentre ci spostavamo da una data all'altra. Ho imparato così, ed è a quel tempo che è nato quel famoso suono di bordone.
AM - Ti riferisci alla "nota marrone" che ti ha reso famoso.
KBP - A quei tempi non si chiamava così, ma effettivamente presto diventò il momento cruciale dei concerti: si percepiva chiaramente che il pubblico aspettava con ansia quel momento.
AM - Poi la tua carriera ha preso il volo...
KBP - Si, molti artisti famosi mi chiedevano di suonare i sintetizzatori per loro, e non riuscivo ad accettare tutte le offerte. In alcuni casi ho dovuto suonare dei concerti da remoto, connesso tramite un modem a 56K...
AM - Quali sono le principali differenze nel tuo lavoro oggi, rispetto a quando hai iniziato?
KBP - E' molto diverso. Nei primi tempi suonavamo questi enormi sintetizzatori modulari, avevamo dei "ragazzi-cavo" che correvano sul palco per collegare i moduli di sintesi in tempo reale. Poi sono venuti gli strumenti a preset, ancora suonati dal vivo. E alla fine c'è stato il periodo dei VST, in cui le tastiere sul palco erano usate solo come master per controllare i computer sotto il palco.
Oggi è ancora diverso: i computer suonano le sequenze controllando via MIDI le tastiere sul palco, e noi facciamo finta di suonare.
AM - Vuoi dire che non si suona più nulla dal vivo?
KBP - In effetti suoniamo ancora gli assoli di sintetizzatore dal vivo, ma lo si fa rimappando i tasti. Hai presente l'assolo di semibiscrome a 290 bpm nel brano "The giant interstellar hogweed meets the electric cheese goblins"?
AM - Chi non conosce quel famosissimo assolo?
KBP - Beh, quello viene ottenuto suonando dal vivo una scala di do maggiore in quarti a 60 bpm. Oggi nell'ambiente tutti fanno così.
AM - Quindi il ruolo del musicista è cambiato...
KBP - Senza dubbio. Il cambiamento è iniziato alla fine degli anni 2000, quando abbiamo percepito che il pubblico non poteva più apprezzare gli assoli che includevano "Il volo del calabrone" a 500 bpm, anhe perché non tutti avevano i riduttori portatili di velocità che gli permettessero di sentire le note suonate.
AM - Quindi l'attenzione si è spostata sul timbro?
KBP - Si, il suono è tutto: devi sorprendere il pubblico con dei suoni unici. A volte usiamo questo elemento di sorpresa di suoni MANCANTI, con parti di un ritornello in cui non c'è la musica.
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