12-09-21 10.14
Ora alcuni dettagli sui suoni di piano acustico.
ES 920: è l’unico DP che io abbia mai sentito a non essere affetto dal problema dei medi (ottava che canta) plasticosi-nasali. Le note sono limpide, sonore, caratterizzate da una qualità “liquida” simile a quella dei migliori vst.
I tre samples di piano a coda (Sk Ex ed Sk5 derivati da pianoforti Shigeru Kawai ed Ex derivato da un coda Kawai) sono ben differenziati: più profondo e legnoso (pur rimanendo brillante) l’Sk-Ex, brillante e cristallino l’Sk-5 e tipicamente Kawai (quindi brillante e squillante) l’Ex, a mio parere adattissimo a pop e jazz.
Il controllo dinamico è fine e accurato, permettendo di passare da pianissimo intimisti a fortissimo tonanti.
Il piano verticale è a mio avviso completamente inutile, non capisco perché continuano a metterlo.
Importante: nell’apprezzamento della qualità sonora generale ha una grande importanza il comparto amplificazione e diffusori curato da Onkyo: la chiarezza e definizione del suono in sistemi così piccoli (20+20 watt) ha del miracoloso.
La presenza di un incisivo equalizzatore parametrico a quattro bande, controllate da cursori fisici, permette un’estrema adattabilità del suono all’ambiente esecutivo senza dover entrare in menù e sotto menu.
Non ho usato le profonde possibilità di modifica del suono che, oltre che coi menu e sotto menu interni (macchinosi e poco intuitivi) possono essere gestiti via Bluetooth da un’apposita app.
Inoltre, il panorama stereo è curatissimo: sembra davvero che ogni nota provenga esattamente dal luogo fisico in cui è virtualmente prodotta, quindi non genericamente “a destra o a sinistra”.
Non ho provato in cuffia.
P515: come ho già detto, se non avessi provato contemporaneamente l’ES920 sarei stato estremamente soddisfatto dai suoni di piano acustico dello strumento: tipicamente Yamaha, quindi un buon mix di brillantezza e corpo, equilibrati ed espressivi, ma con il solito problema, tipico di tutti i DP hardware (tranne appunto l’ES) dell’ottava che canta nasale e plasticosa.
Il suono CFX è brillante e potente, veramente adatto a tutto, dalla classica al rock (non dimentichiamoci che anche qui si può usare un virtual technician interno o tramite app che consente un intervento profondissimo su parecchi parametri fisici del suono).
Sul suono Bosendorfer, premetto che sono prevenuto, dato che non è tra le mie sonorità preferite neppure nella versione “reale”: scuro, un filo “grossolano” e “affondato”, è un po’ il Mario del Monaco dei pianoforti, e per me che son seguace di Gigli e Kraus non è ovviamente il massimo.
Però per chi ama tali sonorità, è senz’altro una buona opzione per l’esecuzione di un repertorio tardo romantico o per avere a disposizione un colore assai differente dal CFX (c’è assai più differenza tra CFX e Bosendorfer che tra i tre suoni Kawai).
Dinamiche ben gestibili, sensazione di “profondità” e controllo forse un pelo migliore che sul Kawai (ma c’è da dire che il Kawai l’ho provato stando in piedi e lo Yamaha comodamente seduto su una bella panchetto ben regolata).
Probabilmente un po’ più presente e potente sui bassi, ma non dimentichiamoci che Kawai può essere equalizzato con gran semplicità e che le modifiche fatte possono essere salvate in apposite “registrazioni” (sorta di “performances”) cosa non possibile su Yamaha.
Passiamo alla resa generale attraverso le casse incorporate: è qui a mio avviso che si sviluppa la grossa differenza con Kawai: nonostante Yamaha esca potente e senza distorsioni (a metà cursore il suono riempiva il grande salone del reparto tastiere di Dampi), c’è un che di confuso, “fangoso” che disturba la fruizione; questo problemino, insieme alla plasticosità dell’ottava che canta, impediscono a questo pur ottimo prodotto di raggiungere il livello di qualità sonora di Kawai.
Ripeto, se non fosse per l’inconprensibile assenza dell’audio over USB, Kawai vincerebbe a mani basse.