13-11-09 12.34
Discussione controversa . . . !
Vorrei dire la mia: sono convinto che il mito del "talento naturale" sia ormai stato sfatato da mille testimonianze, aneddoti, storie e racconti.
Come ho già scritto in un altro post, Parker era uno che si esercitava anche 15 ore al giorno e poi andava a suonare!
Coltrane si esercitava mentre gli altri musicisti della band di Davis facevano i loro soli!
Bill Evans si riscaldava suonando tutte le fughe e preludi di Bach.
Ovviamente occorre distinguere tra l'esercitarsi ed il suonare: sono due cose un po' diverse . . . !
Sfido però chiunque a presentarsi su un palco in una jam session e riuscire a fare una figura decente se non metti mano allo strumento da 10 giorni (non dico nemmeno se non ti sei mai esercitato)!
Il Jazz è un linguaggio che serve per esprimere un messaggio e come ogni linguaggio ha delle regole che lo governano e che vanno imparate.
Ora che tu lo voglia imparare studiando dei metodi, trascrivendo dai dischi, andando da un insegnante, non credo che faccia grossa differenza.
Ovviamente un insegnante bravo saprà indirizzarti lungo un percorso che è stato già "testato" con risultati da lui e che quindi probabilmente sarà fruttuoso anche per te.
Studiare da soli seguendo dei libri o trascrivendo è sicuramente più impegnativo perchè implica che sia tu stesso a costruirti un percorso.
Ovviamente poi suonare con altre persone ti aiuta nella costruzione di questo percorso: se ti trovi in jam e ti chiedono di suonare Giant Steps e fai una figura di m....a ovviamente sai che appena torni a casa ti vai a studiare i Coltrane Changes (e la relativa tecnica strumentale che ti serve per suonare a 286bpm).
Ma è anche vero che lo studio "matto e disperatissimo" non sempre da dei risultati sul piano artistico.
Per arrivare a certi livelli oltre allo studio serve "il fatto" in più che purtroppo non tutti hanno.
Non basta disegnare una faccia con un orecchio sulla fronte per diventare Picasso e non basta suonare 100 note al secondo per essere Parker!
I pianisti che si diplomano al Conservatorio seguono da 100 anni lo stesso programma e suonano gli stessi pezzi con gli stessi insegnanti . . . ma quanti Arturo Benedetti Michelangeli ci sono in giro?!
Anche nella musica classica occorre quel qualcosa in più per caratterizzare il grande interprete!
Tornando all'argomento del post . . . io lascerei perdere gli Hanon (sia Jazz sia Blues) e mi concentrerei sul libro di Gramaglia per iniziare a crearsi un po' di basi di teoria che poi andrei ad applicare dando una spulciatina ai due Levine (che - attenzione - è pieno di esempi che possono essere assimilati a patterns).
Insieme al Levine darei un occhio anche a "Creative Jazz Improvisation" di Scott Reeves ed ai citati volumi di Baker sul Bop.
Questi testi ti faranno avere una visione ampia sul linguaggio del Jazz, dal Bop a Giant Steps e ti daranno delle buone basi per lo studio dell'armonia.
Poi i patterns li abbiamo tutti in testa . . . qualsiasi frase che tu ascolti in un qualsiasi assolo di un qualsiasi musicista che ti abbia colpito particolarmente diventa un tuo potenziale pattern, perchè anche inconsciamente ti verrà fuori prima o poi!
L'importante è che qualsiasi cosa tu impari diventi una tua cosa e che quando andrai a suonare non ci sia nessuno che dopo il tuo assolo ti dica "bella la frase di Baker che hai messo là" . . . oppure "ah quel pattern lo uso anche io ma a me piace metterlo su Fm".