10-10-19 18.05
Era epico il concerto di capodanno, cui assistevano un centinaio tra amici ed amiche (scout, centro sociale, amici di amici etcetera)
Avevamo sedici anni o poco più, di solito noleggiavamo per pochi denari delle gelide sale parrocchiali dell'entroterra ligure, piene di polvere, spifferi e vecchio mobilio accatastato risalente probabilmente ad epoche preconciliari, quando la chiesa cattolica ancora viveva i suoi fasti fatti di messe in latino ed oratori frequentatissimi.
Si arrivava alla spicciolata nella mattina del 31 dicembre, un furgone guidato dal padre di uno di noi musicisti ripieno di tastiere, tamburi (sì perchè spesso suonavamo con due batteristi), luci e lucette, casse antediluviane (ricordo delle LEM pesantissime) ampli di ogni tipo e categoria (un FBT che a vederlo non gli avresti dato una crosta di formaggio ma che suonava da non credere), aste e microfoni catarrosissimi da far vomitare un azteco, moduli assortiti di effettistica e lattine di birra.
Si cominciava a scaricare e montare con calma, verso mezzogiorno arrivavano chitarristi e bassista, i loro preziosi strumenti (il mio povero fratello con la sua les paul custom nera, Simeone con una stratocaster sunburst, Paolo col precision nuovo di zecca) catafratti in custodie a prova di ecatombe nucleare...verso le 15 il palco era pronto, non restava che l'arrivo della cantante che si faceva viva verso le 4/5 di pomeriggio, bella leggera con la sua valigetta contenente solo gli "abiti di scena" (microfono, effettistica, spartiti...ma a cosa serviranno mai!)
Verso le 21 si mangiava qualcosa e ci si ubriacava coscienziosamente, con scrupolo e metodo degni di miglior imprese...il pubblico arrivava alla spicciolata, chi già ubriaco chi pronto ad attaccarsi a bottiglioni di cancarone acquistati in saldo da qualche botteguccia nei vicoli del centro storico, o nella piazzetta ormai buia del paesino ove avremmo suonato.
Quando la sala era mezza piena, ed il gelo che vi allignava ormai da generazioni cominciava ad essere mitigato dal calore animale che promanava dai corpi e dal fiato degli sventurati, sgattaiolavamo in silenzio in una stanzetta attigua, forse in passato la stanza da letto di qualche vecchia megera che aveva servito il parroco locale in qualità di perpetua (e forse altro), e li ci cambiavamo di fretta...via i maglioncini da bravi ragazzi borghesi, le lacoste, le le scarpe da ginnastica...vestivamo camicioni, jeans a zampa di elefante, giubbetti scintillanti di oro e di viola, stivaletti stile campera...mentre la cantante, nonostante i pochi gradi sopra lo zero, osava abitini neri attillatissimi e scarpe col tacco a spillo di due misure più grandi sottratte alla sorella maggiore.
Poi si faceva l'ingresso nell'arena, accolti dalla tonitruante folla ormai ebbra di alcool e di voglia di trasgressione...iniziava una serata ove brani prog di "produzione propria" si alternavano senza logica alcuna con lucio dalla, de gregori, anni 60, pink floyd e genesis...per un paio d'ore potevamo sentirci artisti, divi, interessanti agli occhi di quelle ragazzine che fino ad un ora prima non ci avevano mai degnato di uno sguardo quasi fossimo un sassolino che intralciava il loro soave camminare (e che dall'indomani ci avrebbe ignorato come prima).
E dopo l'ultimo bis, una tristezza infinita...finito l'anno, finito il concerto, finito quello scampolo di felicità tanto agognato...non restava che stanchezza, voglia di vomitare, mal di testa e voglia di dormire per sempre.