27-11-21 00.57
Il sorpasso non fa riflettere, è lo stesso fenomeno osservato ad esempio in Israele.
Il motivo, come già detto, dipende esclusivamente dalla numerosità delle popolazioni: i numeri vanno riferito alle popolazioni di appartenenza, che nel nostro caso specifico hanno un rapporto numerico pari a circa 4:1 a stare stretti.
Ne consegue che la mortalità nel gruppo vaccinati è circa 1/4 rispetto al gruppo vaccinati.
Questo per quanto riguarda la spiegazione statistica.
Per quanto riguarda la spiegazione medica, invece, il nodo della questione è legato all'anergia del sistema immunitario degli anziani: non rispondono al vaccino.
Ma c'è dell'altro. La popolazione di anziani vaccinata è costituita da una larga maggioranza di persone in condizioni generali scadenti, molti dei quali degenti in RSA, cosa che non si può dire per gli anziani non vaccinati che tendenzialmente non sono degenti in strutture di lungodegenza e pertanto in condizioni generali meno compromesse.
A conferma di ciò, basti vedere la mortalità fra le diverse popolazioni nelle fasce di età più giovani, fino a 60 anni, fasce di età in cui la risposta immune è nettamente più efficace i numeri sono nettamente diversi, il dato sulla fascia 12/39 è inquietante, 85% di mortalità contro il 15.
Questo è il modo corretto di guardare i dati: metodo scientifico e obiettività.
È possibile che non tutti abbiano i mezzi per farlo? Sì, lo è, e non è una colpa: la colpa è di chi dovrebbe fare informazione, iniziando dai vari governanti.
Ma colpa è anche riportare interpretazioni di dati di cui non si ha capito nulla.
Al momento la situazione è questa: le alternative sono poche, il vaccino, leggendo i numeri in maniera corretta, protegge soprattutto i più giovani.
Sicuramente la politica vaccinale sulle popolazioni a rischio è stata ad esser buoni perfettibile, con il senno di poi le vaccinazioni andavano calendarizzate in modo da arrivare all'inverno con gli anziani freschi di vaccino.
Poi non scrivo più nulla a tema COVID perché non ne posso più.