@ wildcat80
Non sono disinformato, semplicemente quello che è successo in UK è un'aberrazione pari alla negazione del diritto all'aborto, ma nel caso specifico è stato commesso un abuso dalle forze dell'ordine.
Fortunatamente sui temi etici ho una posizione privilegiata, quella di una persona che ha studiato e ha avuto una formazione comunque di stampo cattolico, per cui sono sempre vissuto ascoltando le due campane e mi sono potuto fare un'idea che non è o bianco o nero, ma un pochino più articolata. Non sono uno che si basa sull'ideologia fine a se stessa, ho degli strumenti conoscitivi che mi consentono di andare oltre all'ideologia e alle convinzioni anche scientifiche se vogliamo, perché purtroppo la vita reale prima o poi ti porta a prendere facciate contro le ideologie, in un senso o nell'altro.
Parliamo di aborto: io sono sempre stato a favore dell'interruzione di gravidanza, ma nel momento in cui mi sono ritrovato coinvolto più o meno direttamente (la faccio breve: amica rimasta incinta dopo essere stata tradita e lasciata dal marito, incidente di percorso con un altro uomo, mi ritrovo - solo per la sfortuna di avere agganci diretti in Ostetricia - coinvolto nelle pratiche di questa ragazza) ho rivisto pesantemente le mie convinzioni al riguardo, restando abortista ma in extrema ratio, non quando l'aborto viene praticato come alternativa alla contraccezione, perché purtroppo continua a succedere (perfino in popolazioni che sono tradizionalmente iper cattoliche, come le nostre comunità ecuadoriane, è ancora diffusa la piaga delle gravide baby e dei rapporti non protetti anche all'interno del matrimonio, perché Dio non vuole, con le mogli che abortiscono di nascosto dai mariti - altra situazione di vita reale vissuta in prima persona come medico).
Cosa vuol dire per me essere abortista in extrema ratio? Quando ci sono dei motivi gravi alla prosecuzione di una gravidanza, come ad esempio la gravidanza in conseguenza a violenza subita, o nelle situazioni - che non rientrano nella definizione di interruzione di gravidanza terapeutica - in cui portare al termine una gravidanza può voler dire perdere due vite (ad esempio in caso di neoplasie diagnosticate in gravidanza, in cui l'interruzione non è considerata terapeutica ma fortemente consigliata se si vuole provare a salvare una delle due vite), in extrema ratio considero l'interruzione come una pratica etica e percorribile. In casi limite quindi, nella norma punterei molto sulla prevenzione delle gravidanze indesiderate e sulla gestione dei nati da gravidanze indesiderate portate comunque a termine (avendo frequentato recentemente un percorso di adozione so benissimo di cosa sto parlando, bello venire al mondo e venir scaricato...).
Di fronte a queste evidenze, oggi, non si può negare il diritto all'interruzione volontaria di gravidanza, ma deve essere una parte residuale di un programma sociale a favore dell'individuo e della famiglia, un programma che a mio avviso deve essere laico e liberale, e non politicizzato né da una parte, né dall'altra.
Più o meno hai la stessa mia posizione sull'aborto.
In passato ero abortista convinto, fino a quando mia moglie non rischiò di perdere nostra figlia per per aborto spontaneo.
Non so spiegarlo bene, ma quell'esserino non ancora nato lo sentivo già vivo, già presente nella mia vita.
Lottammo fino all'ultimo perchè nascesse e, quando mia moglie era già in ospedale per il probabile raschiamento (aveva avuto molte perdite), un 'ultima ecografia rivelò che il "baccellino" era ancora lì che nuotava tranquillamente nel liquido amniotico.
Ricordo che piansi per la gioia.
Quell' esperienza personale mi fece rivedere le mie convinzioni .
Qualche anno fa, mia figlia era rimasta incinta di un fidanzato che l'aveva tradita (e poi lasciata). Scelse di abortire e io compresi e la sostenni.... ma ancora adesso mi capita di pensare a quel nipotino mai nato.
Certo, rimango ancora favorevole alla L. 194, ma sono d'accordo con Te sulla necessità ed opportunità di fare in modo che l'aborto divenga un rimedio residuale a fronte di una politica sociale a sostegno della famiglia, che offra delle alternative e consenta alla donna di optare serenamente (e liberamente) anche per la prosecuzione della gravidanza.
Il tutto senza ideologie.