Ma scusate, non ho capito perchè il jazz...

  • anonimo

12-11-09 13.01

... si sia così evoluto verso un gusto della tecnica iperestrema e di studi stratosferici. I neri che hanno iniziato a suonare jazz era gente sicuramente non uscita dai conservatori che improvvisava perchè non aveva abbastanza tempo per provare... o sbaglio? Spiegatemi un po' va'...
  • stefyrone
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12-11-09 14.55

Ma guarda, la mia impressione è la seguente: all'inizio uno tende a fare più note possibili nel minor tempo possibile, ma poi (non per tutti è ovvio) con il passare del tempo, maturando, ci si accorge che il lavoro da fare è il contrario e cioè scremare più possibile per trasmettere qualcosa a noi e a chi ci sta ascoltando.
Mi ricordo quando ascoltai uno dei primi dischi di Gonzalo Rubalcaba: il primo minuto ho pensato "ammazza questo che tecnica, è da paura!", dopo tre minuti " si va bè, ma adesso che altro mi fai sentire?", dopo 5 ho detto " basta non ne posso più".
L'ho riascoltato ultimamente ed è un altro pianista, molto più maturo e meno "irruento".
Ovviamente poi dipende dal proprio gusto nel suonare, ma ci sono molti musicisti che fanno tre note, adesso al volo mi viene in mente Rava.
Anche l'ultimo Miles Davis faceva tre note e le sentivi TUTTE!!!
Vi lascio questi due link che riguardano Eldar Djangirov, ha 19 anni circa e una tecnica pazzesca che può piacere e non, ma io sono convinto che tra 10 anni suonerà molte meno note di adesso:
http://www.youtube.com/watch?v=Hynfz68OXmY
http://www.youtube.com/watch?v=FzRT3yu-3dc

Comunque se vediamo indietro nel tempo non mi sembravano meno tecnici di oggi: Charlie Parker e Oscar Peterson, tanto per citarne qualcuno!emo
  • MarcoC
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12-11-09 16.14

Mi sa che sei caduto nel classico luogo comune per cui "i neri improvvisano perchè non sanno leggere la musica"!
Non funziona proprio così: il Jazz si sviluppa agli inizia del secolo scorso come musica di tradizione orale e come tale si diffonde nella comunità nera (e non solo) di New Orleans e poi di altre grandi città degli Stati Uniti (si sente spesso parlare infatti, per gli albori del Jazz, di un Kansas City Style o del Jazz di New York solo per citare qualche esempio).
In principio effettivamente gli afro-americani non avevano alcuna possibilità di accedere a studi accademici (non dimentichiamo la loro condizione sociale negli Stati Uniti di fine '800 inizi '900) ma non per questo è implicita la non conoscenza della musica.
Un Musicista come Jelly Roll Morton, che stando ai suoi racconti ha iniziato la sua carriera nel quartiere "a luci rosse" di New Orleans dove abbondavano i bordelli ma di certo non i conservatori, ne sapeva sicuramente molto di musica, dato che è stato anche un grande ed innovativo compositore, come è testimoniato dalle molte partiture che si possono trovare un po' in giro.
Ovviamente l'istintività e l'oralità sono due aspetti caratterizzanti di forme di musica popolari come il Jazz ed esistono musicisti, come ad esempio Erroll Garner, che si vantavano di non saper leggere nemmeno una nota (ma se ascolti come suona ti renderai conto che non gli sarebbe servito a molto).
Lo stesso Louis Armstrong, primo grande solista della storia del Jazz, colui che ha indicato la strada a tutti gli "improvvisatori" venuti dopo di lui, aveva ricevuto da piccolo lezioni di musica da alcuni insegnanti.
Con lo sviluppo della pratica improvvisativa (nei primi anni le improvvisazioni si limitavano a variazioni del materiale tematico di partenza) tuttavia, i musicisti sentirono la necessità di migliorare la propria preparazione tecnica chi proseguendo in studi da autodidatta (come ad esempio Charlie Parker, che in ogni caso si esercitava anche 15 ore al giorno) chi frequentando scuole di musica che col passare degli anni, e con la fine della schiavitù, aprirono le proprio porte anche ai musicisti di colore.
Quindi diciamo che è da sfatare il mito del Jazzista come "genio naturale" che suona perchè ha avuto un dono divino e non ha bisogno di studio ed esercizio.
Ti porto poi l'esempio dei musicisti di free-jazz, di cui si è sempre detto che avevano iniziato a suonare free perchè non erano in grado di suonare lo strumento; anche in questo caso non è così: ti basta ascoltare un qualsiasi disco di Ornette Coleman precedente a "Free Jazz" per renderti conto che era un musicista che sapeva suonare anche altro!
Oscar Peterson è stato un virtuoso, forse uno dei massimi esponenti del "piano-jazz", con una tecnica stratosferica che di sicuro avrà maturato in anni e anni di studi!
Bill Evans suona meglio di 1000000 di pianisti diplomati in Conservatorio, ed è uno che prima di ogni concerto suonava per riscaldarsi Bach e Chopin!
E di esempi ce ne sarebbero ancora moltissimi!
Al giorno d'oggi, per concludere, il sempre maggiore sviluppo delle tecniche di improvvisazione e del discorso armonico e ritmico (il bop era sostanzialmente una musica suonata in 4/4 mentre se ascolti oggi Meheldau ti renderai conto che in 5 minuti cambiano 50 volte metrica, tra l'altro come se stessero facendo la cosa più facile del mondo!) hanno portato i musicista a sviluppare tecniche strumentali tali da far fronte alla sempre crescenti difficoltà!
  • anonimo

12-11-09 17.16

Intanto un thanks per la tua ottima esposizione perfettamente coerente ed estremamente interessante.

Ecco, colgo spunto da due tue parole per porre la base di una discussione che vorrebbe essere il punto centrale di ciò che mi interessa trattare in questo thread:

"la tecnica dell'improvvisazione"

questo, alla luce della condotta musicale del jazz ai suoi albori, non dovrebbe suonare un po' come ossimoro?

L'improvvisazione, da libera espressione dovuta a una necessità espressiva che fosse istantanea e non richiedesse preparazione preventiva, è andata evolvendosi fino a diventare addirittura oggetto di grandi studi e affinamenti tecnici.

Cosa ne pensate di questo (che almeno a me sembra un po' un) controsenso?
  • stefyrone
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12-11-09 19.46

Hai mai sentito "improvvisare" uno che non ha mai messo le mani su un pianoforte?
Uno che ce l'ha messe da un anno?
Uno che ce la messe da 10 anni?
E' ovvio che improvvisare significa, creare al momento, e più bagaglio musicale hai più sarà varia la tua improvvisazione , in linea di massima ( e non ho detto "più bella" intendiamoci).

Quando uno improvvisa fa quello che sà e cioè quello che ha studiato, a meno che uno tira giù note a casaccio......quindi.emo
Edited 12 Nov. 2009 18:54
  • giannirsc
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12-11-09 19.50

il jazzista non improvvisa ma ti parla..e se sei sulla sua stessa lunghezza d'onda, riesci a capire cosa stà dicendo..altrimenti ti sembrerà un'improvvisazione e basta..

12-11-09 20.40

NeverMind_User ha scritto:
I neri che hanno iniziato a suonare jazz era gente sicuramente non uscita dai conservatori che improvvisava perchè non aveva abbastanza tempo per provare...

e art tatum?direi che di tempo per provare ne aveva, e che ha provato tanto! emo
  • anonimo

12-11-09 20.52

Si, ma io mi riferivo proprio alle origini del genere.
  • MarcoC
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12-11-09 21.39

Non credo che esista qualcuno che possa tirar fuori qualcosa di decente da uno strumento senza un minimo di studio alle spalle!
Una cosa è però studiare da autodidatta o con un insegnante privato e una cosa è seguire un percorso "accademico".
E' indubbio che anche i primi cornettisti, come King Oliver o Freddie Keppard, abbiano studiato il proprio strumento anche se magari non seguendo i canoni che intendiamo noi al giorno d'oggi.
I musicisti di Jazz probabilmente studiavano e praticavano solo quello che serviva alle loro necessità del momento, quindi un cornettista che suonava in una marching band non aveva bisogno di saper leggere la musica ma di avere un suono forte e presente e quindi studiava delle tecniche che lo aiutassero allo scopo.
Improvvisare non significa "buttare le mani" . . . poi per carità potrebbe esistere qualche prodigio che riesce, "buttando le mani", a creare melodie bellissime!
Chi dice "non ho mai studiato" e suona bene nella maggior parte dei casi lo sta facendo per darsi un tono da "talento naturale"!
Ah dimenticavo . . . . un altro esempio di grande del jazz che amava spesso ripetere di non saper leggere una nota (ma che poi ha anche ammesso di aver dovuto imparare per necessità) è stato Chet Baker.



  • MarcoC
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12-11-09 22.02

Dimenticavo il tuo dubbio sulla "tecnica dell'improvvisazione":
ribadisco che improvvisare non è "buttare le mani tanto qualcosa esce"!
Nel Jazz l'improvvisatore utilizza fondamentalmente un linguaggio, di cui conosce (o si presuma conosca) il maggior numero di elementi possibili.
Le poliritmie africane (da cui ha attinto molto jazz dagli anni'50/60 - ascolta Art Blakey tra i tanti) seguono degli schemi prestabiliti e modellati in base allo scopo rituale e di mezzo di comunicazione che quelle musiche avevano e che quindi adavano in ogni caso appresi in qualche modo.
Gli schiavi nelle piantagioni di cotone improvvisavano canti di lavoro ma sempre entro canoni e schemi (call&response principalmente) prestabiliti che venivano tramandati oralmente, quindi avevano anche loro una sorta di "tecnica".
Ovviamente con la possibilità per i nero-americani di utilizzare gli strumenti dei bianchi (cosa che non era possibile ai tempi della schiavitù) anch'essi ebbero la necessità, per poter trasferire il loro linguaggio musicale dalla voce allo strumento (all'inizio con i blues) di crearsi una base tecnica.
Poi il Jazz come sai si è "contaminato" con una infinita serie di contributi proveniente da altre musiche (per le armonie si guardò principalmente alla musica di tradizione eurocolta, per le ritmiche, oltre alla ripresa dei ritmi africani, fortissima è stata l'influenza della musica caraibica e latino-americana).
Diciamo che ogni "epoca" nel Jazz ha costretto i musicisti ad approfondire qualche aspetto della propria tecnica:
il Bop, ad esempio, obbligava lo strumentista a tenere tempi spesso velocissimi, per cui richiedeva una tecnica strumentale molto solida (anzi nelle Jam Session spesso i "Big" staccavano tempi assurdi proprio per tenere alla larga i musicisti mediocri);
il Cool ha allargato notevolmente lo spettro armonico (e con Gil Evans anche timbrico) delle composizioni;
l'Hard Bop ha preso quanto fatto col Be-Bop e vi ha aggiunto attenzione alla forma ed agli arrangiamenti, quindi meno istintività e più organizzazione del materiale musicale (per cui il musicista aveva la necessità spesso di dover leggere delle partiture).
Ci sono poi dei musicisti che, al di fuori di particolari correnti, hanno dato una svolta incredibile al Jazz: pensa a Coltrane e a Giant Steps . . . (ascolta il solo di Tommy Flanagan e ti accorgerai di come un grande pianista come lui avrebbe voluto poter studiare quel materiale un po' di tempo prima e non trovarsi la parte davanti 5 minuti prima di registrare)!
Coltrane era uno che si esercitava durante i concerti mentre Davis faceva i suoi assolo!
Pensiamo poi a Shorter e al balzo in avanti che ha fatto compiere al Jazz dal punto di vista armonico . . . se ti capita per le mani il volume 33 dell'Aebersold (quello su Shorter) dai un occhio alle progressioni . . . poi prendi un qualsiasi brano di Davis (anche se dire "brano di Davis" non è proprio corretto emo) e prova ad analizzarli . . . sebbene siano stati composti a pochi anni di differenza ci sono 100 anni di distanza tra i due!
Ovviamente, poi, tutti i musicisti hanno dovuto confrontarsi con questi grandi e quindi studiare, studiare, studiare . . . . . .!
  • anonimo

13-11-09 12.20

Ancora una volta delle risposte impeccabili e interessantissime, ti ringrazio davvero.

Dopo le vostre spiegazioni ho capito che la mia domanda era sbagliata perchè posta con un'idea sbagliata: non ho mai creduto che l'improvviszione jazz fosse "buttare le mani a casaccio" (ci mancherebbe), semplicemente avevo inteso in maniera sbagliata il senso del termine "la tecnica dell'improvvisazione".

Grazie a tutti quanti per le vostre risposte e la vostra pazienza nel'esposizione emo
  • anonimo

24-11-09 13.34

improvvisare significa comporre


in tempo reale, invece che seduti con calma


Ma sempre di "scrivere" nuova musica si tratta.

Le dita non vanno da sole.

Quindi: per improvvisare, teoria teoria teoria e allenamento allenamento allenamento.

POSCRITTO: non è vero che in origine il jazz fosse molto improvvisato. Era mooooolto più stilizzato sìdi quello post-guerra.

A proposito: su un altro thread c'è un ragazzo che sta facendo la testi su George Russell: quello, è un autore da conoscere (autore di musica, e autore di testi).

  • SavateVoeanti
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24-11-09 16.36

ma si, i neri cominciavano a essere ingaggiati nei saloon alla fine'800 perchè evidentemente poi potevano sapargli per farlo smettere, se era bianco no...(no dai, scherso)emo

Poi nel primo decennio del'900 i bianchi si sono messi a imitarli(comprese le bande da strada coi fiati) ...
poi tra una nota e l'altra hanno cominciato a metterci delle gost note sempre piu azzardate così da ragtime è diventato stride piano,
poi un po di droga per tutti e sono uscite note spaziali che non stanno ne in cielo ne in terra, e si l'hanno stracciata!

il segreto sta nella droga!
  • Coffones
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28-11-09 23.00

SavateVoeanti ha scritto:
il segreto sta nella droga!

Lo dice sempre anche un mio amico! emo
  • anonimo

29-11-09 19.04

in che senso, "segreto"?

emo
  • Cminor
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03-08-10 16.41

Mark Levine, prestigioso autore del Jazz theory book ha detto:

Un grande assolo di jazz è costituito da:
1% di magia, 99% di cose che sono spiegabili, analizzabili, categorizzabili e fattibili.
La teoria è un piccolo gioco intellettuale che utilizziamo per fissare delle regole con le quali capire per esempio Charlie Parker e John Contrane. (…)
Una volta Charlie Parker disse: “Impara le progressioni armoniche e poi dimenticale!”.
Quando studi teoria sii consapevole del tuo obiettivo finale e pensa alle parole di Parker: “Vai oltre la teoria”.
Quando un musicista esegue un assolo straordinario non pensa ai II-V-I, a pattern blues, o alla forma AABA. I musicisti esperti hanno interiorizzato queste informazioni al punto da non pensarle quasi più. Hanno inoltre imparato a visualizzare e percepire nel loro strumento accordi e scale. Sii consapevole di cosa vedi con gli occhi e cosa senti con le mani quando suoni. Ricordati di esercitarti in questo modo almeno quanto lo fai con la teoria, affinché tu possa andare oltre questa, laddove fluttuerai solamente con la musica. Cerca di avere come scopo questo rapporto particolare con la musica e di raggiungere quella dimensione all’interno della quale non pensi più alla teoria: vedrai che ti sarà più facile raggiungere quella zona magica dell’1%. Per raggiungere questo stato devi pensare ed esercitarti moltissimo con la teoria. E questo è il 99% del lavoro.”

Per stare in tema :

Corre voce che Miles Davis in occasione della registrazione dell'album Bags Groove abbia chiesto a Theloniuos Monk se conoscesse le...note. Il più grande genio musicale del secolo scorso ad uno dei pianisti più geniali dell'epoca. Se è vero l'aneddoto dovremmo riflettere...Certo che la stessa domanda non l'avrebbe sicuramente posta a Bill Evans in occasione della registrazione di Kind of Blue...
  • Caronte57
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03-08-10 19.11

@ MarcoC
Mi sa che sei caduto nel classico luogo comune per cui "i neri improvvisano perchè non sanno leggere la musica"!
Non funziona proprio così: il Jazz si sviluppa agli inizia del secolo scorso come musica di tradizione orale e come tale si diffonde nella comunità nera (e non solo) di New Orleans e poi di altre grandi città degli Stati Uniti (si sente spesso parlare infatti, per gli albori del Jazz, di un Kansas City Style o del Jazz di New York solo per citare qualche esempio).
In principio effettivamente gli afro-americani non avevano alcuna possibilità di accedere a studi accademici (non dimentichiamo la loro condizione sociale negli Stati Uniti di fine '800 inizi '900) ma non per questo è implicita la non conoscenza della musica.
Un Musicista come Jelly Roll Morton, che stando ai suoi racconti ha iniziato la sua carriera nel quartiere "a luci rosse" di New Orleans dove abbondavano i bordelli ma di certo non i conservatori, ne sapeva sicuramente molto di musica, dato che è stato anche un grande ed innovativo compositore, come è testimoniato dalle molte partiture che si possono trovare un po' in giro.
Ovviamente l'istintività e l'oralità sono due aspetti caratterizzanti di forme di musica popolari come il Jazz ed esistono musicisti, come ad esempio Erroll Garner, che si vantavano di non saper leggere nemmeno una nota (ma se ascolti come suona ti renderai conto che non gli sarebbe servito a molto).
Lo stesso Louis Armstrong, primo grande solista della storia del Jazz, colui che ha indicato la strada a tutti gli "improvvisatori" venuti dopo di lui, aveva ricevuto da piccolo lezioni di musica da alcuni insegnanti.
Con lo sviluppo della pratica improvvisativa (nei primi anni le improvvisazioni si limitavano a variazioni del materiale tematico di partenza) tuttavia, i musicisti sentirono la necessità di migliorare la propria preparazione tecnica chi proseguendo in studi da autodidatta (come ad esempio Charlie Parker, che in ogni caso si esercitava anche 15 ore al giorno) chi frequentando scuole di musica che col passare degli anni, e con la fine della schiavitù, aprirono le proprio porte anche ai musicisti di colore.
Quindi diciamo che è da sfatare il mito del Jazzista come "genio naturale" che suona perchè ha avuto un dono divino e non ha bisogno di studio ed esercizio.
Ti porto poi l'esempio dei musicisti di free-jazz, di cui si è sempre detto che avevano iniziato a suonare free perchè non erano in grado di suonare lo strumento; anche in questo caso non è così: ti basta ascoltare un qualsiasi disco di Ornette Coleman precedente a "Free Jazz" per renderti conto che era un musicista che sapeva suonare anche altro!
Oscar Peterson è stato un virtuoso, forse uno dei massimi esponenti del "piano-jazz", con una tecnica stratosferica che di sicuro avrà maturato in anni e anni di studi!
Bill Evans suona meglio di 1000000 di pianisti diplomati in Conservatorio, ed è uno che prima di ogni concerto suonava per riscaldarsi Bach e Chopin!
E di esempi ce ne sarebbero ancora moltissimi!
Al giorno d'oggi, per concludere, il sempre maggiore sviluppo delle tecniche di improvvisazione e del discorso armonico e ritmico (il bop era sostanzialmente una musica suonata in 4/4 mentre se ascolti oggi Meheldau ti renderai conto che in 5 minuti cambiano 50 volte metrica, tra l'altro come se stessero facendo la cosa più facile del mondo!) hanno portato i musicista a sviluppare tecniche strumentali tali da far fronte alla sempre crescenti difficoltà!
Attenzione! Bisogna distinguere all'interno della comunita afroamericana dell'epoca due gruppi abbastanza diversi i"black people" veri e propri che erano ex schiavi affrancati dalla guerra di secessione che normalmente svolgevano i lavori più umili e "normalmente" si orientavano verso strumenti a fiato o a percussione in quanto più alla loro portata economica, mentre invece i pianisti che voi citate quali J.R. Morton ecc, appartenevano alla comunità "creola" cioè i sangue misto, che avevano una posizione sociale ed economica più di rilievo rispetto agli altri afroamericani, piccola borghesia potremmo oggi definirla. Come avrebbero potuto altrimenti avere accesso a strumenti costosi come appunto il pianoforte? Tornando a contenuti musicali invece la musica strumentale si origina nel Jazz, così come nella musica "colta" occidentale del medioevo, come emancipazione della musica vocale, cioè il Gospel a contenuto sacro e il Blues a contenuto profano. I musicisti cioè utilizzavano come "base" armonica e melodica questi brani per le loro elaborazioni strumentali ("improvvisazione"), nel primo periodo sopratutto a carattere contrappuntistico, il cosidetto jazz tradizionale........
  • Cminor
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03-08-10 20.35

MarcoC ha scritto:
In principio effettivamente gli afro-americani non avevano alcuna possibilità di accedere a studi accademici (non dimentichiamo la loro condizione sociale negli Stati Uniti di fine '800 inizi '900) ma non per questo è implicita la non conoscenza della musica.


In effetti non sempre era così. Miles Davis, ad esempio, proveniva da una famiglia agiata afro-americana e il padre era un noto dentista di St.Luis. La madre pianista. Il suo percorso di studi è stato del tutto regolare.
  • MarcoC
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03-08-10 20.51

Negli anni '40/'50 la situazione era già leggermente diversa, anche se sempre molto molto difficile per gli afroamericani.
Io mi riferivo ai "pionieri" del Jazz (o qualunque cosa fosse a quell'epoca) degli inizi del '900.
  • Cminor
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11-09-10 04.22

stefyrone ha scritto:
Ovviamente poi dipende dal proprio gusto nel suonare, ma ci sono molti musicisti che fanno tre note, adesso al volo mi viene in mente Rava.
Anche l'ultimo Miles Davis faceva tre note e le sentivi TUTTE!!!


Con tutto rispetto non facciamo paragoni per carità. Rava ha copiato di brutto i "silenzi" di Miles insieme alle " tre note geniali che sentivi TUTTE ". Per essere generosi c'è un abisso tra i due.

stefyrone ha scritto:
Comunque se vediamo indietro nel tempo non mi sembravano meno tecnici di oggi: Charlie Parker e Oscar Peterson, tanto per citarne qualcuno!


Dubito che Monk avesse fatto il conservatorio e studiasse 24 ore al giorno armonia, modi, scale come si consiglia spesso in questo forum. Spaventoso ridurre la musica ad una settimana enigmistica

stefyrone ha scritto:
Ma guarda, la mia impressione è la seguente: all'inizio uno tende a fare più note possibili nel minor tempo possibile, ma poi (non per tutti è ovvio) con il passare del tempo, maturando, ci si accorge che il lavoro da fare è il contrario e cioè scremare più possibile per trasmettere qualcosa a noi e a chi ci sta ascoltando.


Quoto. Un certo Paul Bley lo ha fatto fin da subito però. E anche Bill Evans.
Edited 11 Set. 2010 2:23