Behringer: tutto e il contrario di tutto...

  • anumj
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19-06-19 21.56

@ PandaR1
Nuovo clone, teaser:

teaser
  • mima85
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19-06-19 21.58

anumj ha scritto:
Ti risulta male.
Il Rev2-8 costa pure 200 euro in meno del Sys8, ovvero te lo porti a casa con 1300 e rotti euro dal tedesco.


Ero rimasto che ne costava 2000... evidentemente sono rimasto indietro.
  • PandaR1
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19-06-19 22.14

anumj ha scritto:
Il prezzo reale di un Sys8 non dovrebbe superare 800 euro, esagerando. 1500 oggi è fuori mercato, ma di brutto pure.


1300 da strumenti musicali punto net, spedito a casa
  • anonimo

19-06-19 22.16

@ anumj
Ero a Bogotà per difendere il titolo di campione del mondo di "cascanueces con el carajo".
Non pensavo fossi un fan della pillola blu emo
  • anonimo

19-06-19 22.19

@ mima85
SimonKeyb ha scritto:
Pare tutto un altro marchio rispetto a qualche anno fa, quando invece era sinonimo di prodotti abbastanza scadentelli...


Behringer fa strabene a fare quello che fa, in barba a tutti i puristi dell'analogico vintage che in ogni operazione di questa ditta vedono un plagio sacrilego ai loro strumenti preferiti. E lo dico da appassionato e possessore di strumenti vintage.
È lo specchio di quello che succede nella musica, nulla di nuovo solo minestre riscaldate
  • anonimo

19-06-19 22.35

Possiamo dire che behringer è la cover band dei synth
  • gobert4
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19-06-19 22.39

@ anumj
Ti risulta male.
Il Rev2-8 costa pure 200 euro in meno del Sys8, ovvero te lo porti a casa con 1300 e rotti euro dal tedesco.

Suona bene quanto vuoi, ma è un virtual con tutti i suoi limiti che un vero analogico non ha.

Il prezzo reale di un Sys8 non dovrebbe superare 800 euro, esagerando. 1500 oggi è fuori mercato, ma di brutto pure.
Il costo di un synth, non è solamente relativo al fatto che sia analogico o digitale...
Ci sono mille mila motivi che pare, generalizzando, vengano totalmente ignorati dall'utente medio, che vorrebbe dare alle cose, il "giusto" prezzo in base al proprio budget.

Io (anzi i miei genitori) nei primi anni 90 hanno sborsato 2.800.000 lire per una Wavestation digitalissima senza risonanza nel filtro, che legge dei sample di qualche kbyte.
Come si fa a dire che non li vale?Come si fa a sostenere che se un analogico x costa 2k, un digitale può valere al massimo 1k?

Mah...
  • PandaR1
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19-06-19 22.43

Jaam ha scritto:
È lo specchio di quello che succede nella musica, nulla di nuovo solo minestre riscaldate


Con sinusoidi quadre e triangolari non è che ci si possa inventare chissà cosa. Oggi l'innovazione vera sta nei synth software che fanno cose che un analogico non potrà mai fare. Decine di layer, centinaia o migliaia di oscillatori, possibilità di modulazione infinite, sintesi granulare, wavetable.
  • wildcat80
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19-06-19 22.45

@ anonimo
Possiamo dire che behringer è la cover band dei synth
😂😂😂😂 questa è fantastica!
  • anumj
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20-06-19 00.36

gobert4 ha scritto:
Come si fa a dire che non li vale?Come si fa a sostenere che se un analogico x costa 2k, un digitale può valere al massimo 1k?


Si fa a dirlo quando, dopo 50 anni che hai suonato tastiere di ogni tipo, capisci che un digitale può costare quanto un analogico quando è progettato per fare cose diverse, non per esserne una brutta copia.
  • maxpiano69
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20-06-19 07.29

@ anumj
gobert4 ha scritto:
Come si fa a dire che non li vale?Come si fa a sostenere che se un analogico x costa 2k, un digitale può valere al massimo 1k?


Si fa a dirlo quando, dopo 50 anni che hai suonato tastiere di ogni tipo, capisci che un digitale può costare quanto un analogico quando è progettato per fare cose diverse, non per esserne una brutta copia.
emo anche io la vedo come il nostro "schiaccianoci" emo

Roland avrebbe tutto per riproporre un analogico vero a prezzi concorrenziali, ma non lo fa e preferisce sfruttare 3 volte (VST, Boutique e System 8) lo stesso synth digitale... allora almeno dovrebbe far si che sia veramente competitivo, altrimenti tanto meglio una bella master con Automap ed i vari JX/Juno/Jupiter virtuali li faccio girare su un computer (insieme a molto altro, magari anche free).
  • mima85
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20-06-19 08.10

@ anonimo
Possiamo dire che behringer è la cover band dei synth
Visti i prezzi stellari (spesso ingiustificati) che hanno certi strumenti che hanno clonato, mentre i loro cloni li fanno a prezzi più umani, direi che tutto ciò non può che essere positivo.

Chissene se sono minestre riscaldate, se invece di spendere 4000 euro per una TR808 originale (non ci credete? Guardate qua) se ne possono spendere 400 per il clone che suona al 90% uguale, tanto di guadagnato. TR808 che quand'è uscita costava l'equivalente odierno di circa 3200 euro tra l'altro, la follia del vintage le ha addirittura fatto superare il suo prezzo originario.

Che Behringer continui con la strada che ha intrapreso, fa solo bene. In barba a tutti gli snob.
  • anonimo

20-06-19 08.57

Ragazzi non mi stuferò mai di dirlo: il prezzo di un bene è sempre il punto d'incontro tra prezzi crescenti e il volume vendibile a quel prezzo, e che quello che poi alla fine importa non è il ricavo ma il profitto.

Se per esempio solo 10 potenziali clienti sono disposti a comprare al prezzo per unità di € 2000, mentre ben 1000 potenziali clienti sono disposti a comprare a € 20...quale strategia di prezzo sarà la più redditizia, sapendo che il costo unitario di produzione del bene in questione è di € 5?

PS: se poi i prezzi sono anelastici, potremmo trovarci nella situazione in cui mettendo un prezzo di € 20,000 troviamo sempre 10 potenziali clienti, mentre mettendolo a € 20 i potenziali acquirenti restano 1000...Classico esempio, le supercars, i beni di lusso, i moog etc...
  • maxpiano69
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20-06-19 09.10

@ anonimo
Ragazzi non mi stuferò mai di dirlo: il prezzo di un bene è sempre il punto d'incontro tra prezzi crescenti e il volume vendibile a quel prezzo, e che quello che poi alla fine importa non è il ricavo ma il profitto.

Se per esempio solo 10 potenziali clienti sono disposti a comprare al prezzo per unità di € 2000, mentre ben 1000 potenziali clienti sono disposti a comprare a € 20...quale strategia di prezzo sarà la più redditizia, sapendo che il costo unitario di produzione del bene in questione è di € 5?

PS: se poi i prezzi sono anelastici, potremmo trovarci nella situazione in cui mettendo un prezzo di € 20,000 troviamo sempre 10 potenziali clienti, mentre mettendolo a € 20 i potenziali acquirenti restano 1000...Classico esempio, le supercars, i beni di lusso, i moog etc...
Su questo non ci piove e (almeno con me) sfondi una porta aperta, il produttore queste cose le valuta e sceglie di conseguenza, mentre per noi (che non conosciamo l'incognita chiave, ovvero il costo) possono apparire scelte oscure.

C'è però una differenza sostanziale a seconda del bene/prodotto in questione ovvero di quanto possa scalare il costo unitario in funzione dei volumi; il software ha scalabilità pressoché infinita ovvero il costo di produzione non varia coi volumi (quindi raggiunto il break-even è puro profitto), l'hardware no.

In questo senso quello che fa Behringer con i cloni HW secondo me è più "sfidante" di quello che fa Roland, perchè se i volumi non arrivano... ma Uli conosce il mercato e si sarà fatto bene i suoi conti.

PS: e ci sta pure la non linearità del rapporto prezzo/volumi a parità di bene, come hai "PS-ato" anche tu emo
  • anonimo

20-06-19 09.16

@ maxpiano69
Su questo non ci piove e (almeno con me) sfondi una porta aperta, il produttore queste cose le valuta e sceglie di conseguenza, mentre per noi (che non conosciamo l'incognita chiave, ovvero il costo) possono apparire scelte oscure.

C'è però una differenza sostanziale a seconda del bene/prodotto in questione ovvero di quanto possa scalare il costo unitario in funzione dei volumi; il software ha scalabilità pressoché infinita ovvero il costo di produzione non varia coi volumi (quindi raggiunto il break-even è puro profitto), l'hardware no.

In questo senso quello che fa Behringer con i cloni HW secondo me è più "sfidante" di quello che fa Roland, perchè se i volumi non arrivano... ma Uli conosce il mercato e si sarà fatto bene i suoi conti.

PS: e ci sta pure la non linearità del rapporto prezzo/volumi a parità di bene, come hai "PS-ato" anche tu emo
Certo, ed inoltre va valutato l'impatto dei costi fissi e di quelli indiretti...ma in sostanza il discorso regge: su un bene a domanda anelastica, dove il valore percepito è "drogato" da considerazioni immateriali quali brand, prestigio etc, conviene alzare i prezzi e ridurre i volumi

Ecco perchè i produttori di synth tengono i prezzi alti, ed il fatto che Bohringer adotti un business model diverso è dovuto solamente al fatto che anche se per ipotesi presentasse un prodotto identico, mettiamo, a Sequential Circuits o a Moog, non potrebbe venderlo allo stesso prezzo...allora preferisce un modello basato sul volume (ed ecco quindi spiegato il fatto che sta anche moltiplicando i modelli in catalogo)
  • giosanta
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20-06-19 10.15

anumj ha scritto:
Si fa a dirlo quando, dopo 50 anni che hai suonato tastiere di ogni tipo, capisci che un digitale può costare quanto un analogico quando è progettato per fare cose diverse, non per esserne una brutta copia.

STANDING OVATION!
  • paolo_b3
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20-06-19 10.55

@ anonimo
Certo, ed inoltre va valutato l'impatto dei costi fissi e di quelli indiretti...ma in sostanza il discorso regge: su un bene a domanda anelastica, dove il valore percepito è "drogato" da considerazioni immateriali quali brand, prestigio etc, conviene alzare i prezzi e ridurre i volumi

Ecco perchè i produttori di synth tengono i prezzi alti, ed il fatto che Bohringer adotti un business model diverso è dovuto solamente al fatto che anche se per ipotesi presentasse un prodotto identico, mettiamo, a Sequential Circuits o a Moog, non potrebbe venderlo allo stesso prezzo...allora preferisce un modello basato sul volume (ed ecco quindi spiegato il fatto che sta anche moltiplicando i modelli in catalogo)
Era una considerazione che stavo per fare anche io, non in questi termini. Se pensiamo che i VST richiedono investimenti bassissimi e scorte di magazzino pressochè nulle, per non parlare del fatto che se i programmatori non mangiano fagioli e cipolla il processo produttivo non impatta sull'ambiente, io credo che sarà la direzione in cui i produttori cercheranno di spingere il mercato.

Per quanto riguarda invece il tuo ragionamento, nasone, considera che già da molto tempo (penso dalla caffettiera Bialetti) i produttori propongono lo stesso prodotto, con opportuni accorgimenti, nella fascia alta, media e bassa del mercato, così da raccogliere le fette di mercato che vanno da quella che vuole spendere poco a quella che può spendere molto.

Certo per un prodotto come i synth la faccenda è più complicata che per la borsa di Gucci, ma non impossibile.
  • mima85
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20-06-19 11.11

paolo_b3 ha scritto:
per non parlare del fatto che se i programmatori non mangiano fagioli e cipolla il processo produttivo non impatta sull'ambiente


Non sottovalutiamo l'impatto ambientale dovuto alle attività puramente informatiche. I computer su cui i programmatori sviluppano ed archiviano il loro lavoro e tutti i relativi apparati di contorno consumano corrente (tanta), e oltre a consumare corrente le macchine stesse vanno prodotte e ad un certo punto smaltite. E i programmatori anche se non mangiano fagioli e cipolle (emo) non vivono di sole e ammmooore ma devono comunque mangiare e condurre la loro vita, con tutto quel che ne consegue in quanto a consumi ed impatto ambientale. L'edificio stesso in cui i programmatori ed i loro strumenti risiedono ha dei consumi che impattano in un modo o nell'altro sull'ambiente.

Non esistono processi produttivi che non impattano per nulla sull'ambiente, è matematicamente impossibile, con buona pace di Greta Thunberg. Si può ottimizzare l'uso dell'energia e delle risorse e si possono scegliere sorgenti energetiche rinnovabili per diminuire il più possibile l'impatto, ma non si può annullare. Il cosiddetto "impatto zero" tanto sventagliato da politici e reparti marketing di questo o quel prodotto "green" è una balla stratosferica.
  • paolo_b3
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20-06-19 11.42

@ mima85
paolo_b3 ha scritto:
per non parlare del fatto che se i programmatori non mangiano fagioli e cipolla il processo produttivo non impatta sull'ambiente


Non sottovalutiamo l'impatto ambientale dovuto alle attività puramente informatiche. I computer su cui i programmatori sviluppano ed archiviano il loro lavoro e tutti i relativi apparati di contorno consumano corrente (tanta), e oltre a consumare corrente le macchine stesse vanno prodotte e ad un certo punto smaltite. E i programmatori anche se non mangiano fagioli e cipolle (emo) non vivono di sole e ammmooore ma devono comunque mangiare e condurre la loro vita, con tutto quel che ne consegue in quanto a consumi ed impatto ambientale. L'edificio stesso in cui i programmatori ed i loro strumenti risiedono ha dei consumi che impattano in un modo o nell'altro sull'ambiente.

Non esistono processi produttivi che non impattano per nulla sull'ambiente, è matematicamente impossibile, con buona pace di Greta Thunberg. Si può ottimizzare l'uso dell'energia e delle risorse e si possono scegliere sorgenti energetiche rinnovabili per diminuire il più possibile l'impatto, ma non si può annullare. Il cosiddetto "impatto zero" tanto sventagliato da politici e reparti marketing di questo o quel prodotto "green" è una balla stratosferica.
Con me sfondi una porta aperta. emo

Ammetto che tante volte ci sono dei sunti popolari che in realtà andrebbero sfatati, ma non credo che l'attività di programmazione abbia un consumo energetico pari a quello che comporta produrre un sintetizzatore, e credo nemmeno la filiera del consumo - smaltimento.
  • mima85
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20-06-19 11.57

paolo_b3 ha scritto:
ma non credo che l'attività di programmazione abbia un consumo energetico pari a quello che comporta produrre un sintetizzatore


Certamente no, produrre beni materiali costa comunque di più a livello energetico. Ma anche l'informatica, specialmente in questi ultimi anni di diffusione esponenziale e capillare, sta avendo il suo bell'impatto ambientale. I grossi datacenter come possono essere quelli di Facebook, Microsoft, Apple, Google etcetera consumano corrente quanto delle piccole cittadine. Tanto per rendere l'idea della scala di quegli impianti, questo video è parecchio esplicativo, e di quei cosi ne sta diventando pieno il mondo intero.

Il fatto è che (parlo in generale) si tende ad immaginare tutto ciò che è virtuale, tra dati e programmi, come cose intangibili che in quale modo "magico" finiscono sul nostro computer, e questa visione è ancor più spinta oggi con il proliferare del cloud, che già solo per il fatto di chiamarsi "nuvola" evoca qualcosa di etereo e quasi immateriale. Ma tutta questa roba immateriale è immagazzinata su macchine che sono estremamente concrete ed affamate di energia, così come lo sono tutte le apparecchiature di telecomunicazione che trasportano questi beni immateriali da un computer all'altro.