03-07-19 23.15
Porto la mia personale esperienza. Lavoro da 10 anni con i malati terminali (oncologici e non) e da 7 portiamo avanti un progetto abbastanza articolato di musicoterapia.
Sia sedute individuali che collettive, oltre a sedute collettive di musio e arte terapia.
Tutti gli incontri sono tenuti da personale che ha seguito percorsi formativi specifici (ci tengo a sottolinearlo perchè sono venuto spesso a contatto con realtà che mettono in campo arte terapeuti non formati o spesso viene definita musicoterapia e arte terapia terapia occupazionale o altro ancora).
Nello specifico della musicoterapia, la musica è un mezzo per far dialogare il paziente e il terapeuta. Potremmo dire che spesso è la scusa per aprire un dialogo e la vera "medicina" è il dialogo stesso.
Quindi ricondurre il tutto a "somministro una qualche musica/suono a qualcuno e ottengo un risultato" non è una semplice banalizzazione di un processo ma proprio una mistificazione.
Nel mio ambito (le cure palliative) funziona, tanto più quanto l'operatore e il paziente riescono a rendere il dialogo efficace.
C'è un concetto motlo attaule secondo cui il vero esperto della malattia non è il medico ma il paziente. Questo perchè seppur il clinico possieda tuttal alconoscenza possibile relativa a quella malattia (e come curarla), solo il paziente è in grado di dirti quanto e come la malattia ha modifcato la sua vita, il suo lavoro, i suoi affetti.
Si chiama medicina narrativa e in sinergia con la musico terapia (ma anche l'arte terapia e la pet therapy) si ottengono grandi cose.