Il giovin cantante d’opera

  • WTF_Bach
  • Membro: Expert
  • Risp: 2902
  • Loc: Mantova
  • Thanks: 882  

13-12-25 15.40

Vorrei ora parlarvi di quell’essere ibrido, in via di estinzione, insomma quell’ircocervo dalla chimerica assurdità che è il GIOVINE CANTANTE LIRICO.

IL GIOVIN TENORE

Basso, formoso, il torace a guisa di capiente botticella, il giovin tenore si riconosce per il viso più piatto di un coreano affetto da estremo ortognatismo, su cui un’esile barbetta ben curata e disegnata dipinge dei tratti d’altri tempi.

Di nome Tebaldo, Manfredi o in rari casi Otello e Ricciardo, il giovane artista si aggira per i baretti più infimi del centro città, catafratto in tetri tabarri ottocenteschi, avviluppato da un numero imprecisato di sciarpe, cache-col e pashmine ereditate dalla vecchia zia melomane.

Egli ordina senza sosta ponce al mandarino e cioccolate con panna, il volto atteggiato a mistica fierezza, testimone di una scapigliatura bohemienne che neanche Arrigo Boito; parla sempre sottovoce, con toni melliflui e flautati da gesuita in pensione.

È uno scroccone da far impallidire Poldo Sbaffini: se lo incontrate per caso, fingete di non averlo visto e datevela a gambe al più presto, o vi estorcerà decine di ponce, maritozzi con panna, lastre smisurate di farinata di ceci e mezzi litri di bianco della casa.

Tra un ponce e l’altro, non perderà occasione di parlarvi male dei suoi colleghi - tutti dei cani sfiatati, ingolati e senza “smalto” né squillo - per poi passare senza soluzione di continuità a lodare per un paio d’ore il suo attuale maestro di canto: un genio, un mostro di bravura, un novello Pavarotti la cui carriera operistica è stata purtroppo stroncata dalla tubercolosi canina.

Ça va sans dire che dopo pochi mesi lo sventurato cambierà maestro ed il precedente diventerà come per magia un cane, un reietto ed un orrendo rovina-voci.

Unico aspetto positivo del giovin tenore è che di solito ha una sorella gnocchissima caratterizzata da una facilità di costumi che neanche le scimmie bonobo e del tutto estranea al soffocante microcosmo della lirica.

IL GIOVIN BASSO

Altissimo, magrissimo, sparuto, i capelli lunghi e stopposi, la barba incolta e gli incisivi sporgenti: eccovi, miei piccoli amici, il giovin basso.

Pallido come se fosse reduce da una gravissima polmonite interstiziale, sputazzante, gli occhi febbricitanti e le labbra esangui, costui non parla: egli brontola, tuona, esplode un coacervo di vocali e consonanti doppie da fare invidia ad una deflagrazione atomica in Dolby surround.

Nonostante la magrezza disumana, questo losco figuro (spesso nomato Boris, Dietrich o Santino) mangia più di un battaglione di aztechi a digiuno: nessun cibo gli è improbo, fagocita di tutto, dai più pregiati tartufi alle sbobbe più immonde - ovviamente non paga mai, accampando le scuse più fantasiose (il cane gli ha mangiato il portafoglio, gli hanno clonato l’home banking, ha investito tutti i suoi averi in un’opportunità fantastica).

Invidiosissimo dei giovini tenori, non perde occasione di parlarne male, dipingendoli come amusici tronfi e boriosi, piccoli egocentrici senza voce. Dei suoi colleghi bassi non parla - ce ne sono forse tre o quattro in tutt’Italia.

IL GIOVIN BARITONO

Specie estinta: tutti gli aspiranti operisti vorrebbero essere tenori e se proprio non ce la fanno ripiegano su una facile carriera di basso, ove è sufficiente brontolare vocali catarrose per farsi la nomea di ottimi professionisti..
  • cecchino
  • Membro: Guru
  • Risp: 5280
  • Loc: Roma
  • Thanks: 647  

13-12-25 17.43

@ WTF_Bach
Vorrei ora parlarvi di quell’essere ibrido, in via di estinzione, insomma quell’ircocervo dalla chimerica assurdità che è il GIOVINE CANTANTE LIRICO.

IL GIOVIN TENORE

Basso, formoso, il torace a guisa di capiente botticella, il giovin tenore si riconosce per il viso più piatto di un coreano affetto da estremo ortognatismo, su cui un’esile barbetta ben curata e disegnata dipinge dei tratti d’altri tempi.

Di nome Tebaldo, Manfredi o in rari casi Otello e Ricciardo, il giovane artista si aggira per i baretti più infimi del centro città, catafratto in tetri tabarri ottocenteschi, avviluppato da un numero imprecisato di sciarpe, cache-col e pashmine ereditate dalla vecchia zia melomane.

Egli ordina senza sosta ponce al mandarino e cioccolate con panna, il volto atteggiato a mistica fierezza, testimone di una scapigliatura bohemienne che neanche Arrigo Boito; parla sempre sottovoce, con toni melliflui e flautati da gesuita in pensione.

È uno scroccone da far impallidire Poldo Sbaffini: se lo incontrate per caso, fingete di non averlo visto e datevela a gambe al più presto, o vi estorcerà decine di ponce, maritozzi con panna, lastre smisurate di farinata di ceci e mezzi litri di bianco della casa.

Tra un ponce e l’altro, non perderà occasione di parlarvi male dei suoi colleghi - tutti dei cani sfiatati, ingolati e senza “smalto” né squillo - per poi passare senza soluzione di continuità a lodare per un paio d’ore il suo attuale maestro di canto: un genio, un mostro di bravura, un novello Pavarotti la cui carriera operistica è stata purtroppo stroncata dalla tubercolosi canina.

Ça va sans dire che dopo pochi mesi lo sventurato cambierà maestro ed il precedente diventerà come per magia un cane, un reietto ed un orrendo rovina-voci.

Unico aspetto positivo del giovin tenore è che di solito ha una sorella gnocchissima caratterizzata da una facilità di costumi che neanche le scimmie bonobo e del tutto estranea al soffocante microcosmo della lirica.

IL GIOVIN BASSO

Altissimo, magrissimo, sparuto, i capelli lunghi e stopposi, la barba incolta e gli incisivi sporgenti: eccovi, miei piccoli amici, il giovin basso.

Pallido come se fosse reduce da una gravissima polmonite interstiziale, sputazzante, gli occhi febbricitanti e le labbra esangui, costui non parla: egli brontola, tuona, esplode un coacervo di vocali e consonanti doppie da fare invidia ad una deflagrazione atomica in Dolby surround.

Nonostante la magrezza disumana, questo losco figuro (spesso nomato Boris, Dietrich o Santino) mangia più di un battaglione di aztechi a digiuno: nessun cibo gli è improbo, fagocita di tutto, dai più pregiati tartufi alle sbobbe più immonde - ovviamente non paga mai, accampando le scuse più fantasiose (il cane gli ha mangiato il portafoglio, gli hanno clonato l’home banking, ha investito tutti i suoi averi in un’opportunità fantastica).

Invidiosissimo dei giovini tenori, non perde occasione di parlarne male, dipingendoli come amusici tronfi e boriosi, piccoli egocentrici senza voce. Dei suoi colleghi bassi non parla - ce ne sono forse tre o quattro in tutt’Italia.

IL GIOVIN BARITONO

Specie estinta: tutti gli aspiranti operisti vorrebbero essere tenori e se proprio non ce la fanno ripiegano su una facile carriera di basso, ove è sufficiente brontolare vocali catarrose per farsi la nomea di ottimi professionisti..
Insomma, la caratteristica saliente della categoria è l’essere scroccone emo
Annamo bene, annamo proprio bene… (cit.) emo
  • WTF_Bach
  • Membro: Expert
  • Risp: 2902
  • Loc: Mantova
  • Thanks: 882  

13-12-25 17.46

@ cecchino
Insomma, la caratteristica saliente della categoria è l’essere scroccone emo
Annamo bene, annamo proprio bene… (cit.) emo
Ne ho conosciuto diversi: squattrinati tipo Calcutta, sempre affamati ed assetati.

Ma con sorelle fighe da far spavento.
  • Ilaria_Villa
  • Membro: Expert
  • Risp: 1265
  • Loc: Milano
  • Thanks: 300  

13-12-25 19.05

Attendo puntata sulle voci femminili.
  • WTF_Bach
  • Membro: Expert
  • Risp: 2902
  • Loc: Mantova
  • Thanks: 882  

13-12-25 19.40

@ Ilaria_Villa
Attendo puntata sulle voci femminili.
Buona idea.
  • WTF_Bach
  • Membro: Expert
  • Risp: 2902
  • Loc: Mantova
  • Thanks: 882  

13-12-25 20.15

LE GIOVINI SOPRANO

Gli sguardi focosi, capegli lucenti,
Soprano dotate di acuti stridenti,
dai solchi bagnati già cola il sudor,
un volgo al loggione repente si desta;
intende l’orecchio, solleva la testa
percosso da novo crescente romor.

Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti,
Ascoltano incliti, paesani ed incolti,
La voce che par orologio a cucù:
ne’ guardi, ne’ volti confuso ed incerto
si mesce e ricorda quel timbro un po’ aperto
La stolida donna di poca vertù.

S’aduna voglioso udendo il cucùlo
All’opima artista mirandole il culo
fra tema e desire, s’avanza e ristà;
e adocchia e rimira scorata e confusa
de’ buon loggionisti la turba diffusa,
E stona cantando, facendo pietà .

Ansanti le vede, quai trepide fere,
irsute per tema le fulve criniere,
le note latebre del covo cercar;
e quivi, deposta l’usata minaccia,
le donne superbe, con pallida faccia,
Rimpiangono il figlio di là del gran mar.

E sopra gli acuti, van tosto latrando,
quai cani disciolti, correndo, frugando,
da ritta, da manca, guerrieri venir:
li vede, e rapito d’ignoto lontano,
con l’agile speme rincorre Tristano
e sogna l’arrivo del dolce elisir.

Udite! quei forti che tengono il campo,
Tenor che ai capei non han fatto lo shampo,
son giunti da lunge, per aspri sentier:
sospeser le gioie delle cantatine
Per fare da spalla a codeste galline
chiamati repente da squillo guerrier.

Lasciar nelle sale del tetto natio
Soprano accorate, tornanti all’addio,
a preghi e consigli che il pianto troncò:
han carca la gola di urli guerrieri,
Sbattendo con garbo quei begli occhi neri,
volaron sul palco che cupo sonò.

A torme, di terra passarono in terra,
cantando giulive canzoni di guerra,
ma tristi farfalle pensando nel cor:
per valli petrose, per balzi dirotti,
Passar col regista le gelide notti,
membrando i fidati colloqui d’amor.

Gli oscuri perigli di stanze incresciose,
di orgasmi fasulli le corse affannose,
Conceder le grazie per poter cantar:
si vider le fave calate sul petto,
a canto al bel seno un membro già eretto,
udir il regista bramoso gridar.

E il premio sperato, promesso alle troie
sarebber, ragazze, del canto le gioie
di esibizionismo por fine al dolor?
Tornate alle vostre superbe terzine,
all’opere imbelli di quattro veline
ai solchi bagnati di servo sudor.

Il forte si mesce col vinto nemico,
col bel direttore rimane l’antico;
l’un tizio e pur l’altro sul collo vi sta.
Dividono le parti, e tu resti grulla;
Le folli illusioni finiscono in nulla
Soprano dispersa che nome non ha.
  • WTF_Bach
  • Membro: Expert
  • Risp: 2902
  • Loc: Mantova
  • Thanks: 882  

13-12-25 21.42

LE GIOVINI CONTRALTO

Ossute spilungone dal fisico tipo Olivia, musi lunghi da far spaventare un cavallo lipizzano, voce da drag queen asmatica, occhi all’ingiù lagrimosi e sognanti.

I loro nomi sono un nebbioso sogno autunnale (Eufrosia, Artemisia, Romilda, Charlotte, Genevieve) ed il cognome sempre doppio (Gentilini-Scalchi, Mariposa y Gutierrez, Fischer-Baum etcetera), sempre abbigliate di eterei abitucci liberty di due taglie almeno più grandi, abbinano spesso l’amore per la lirica alla passione per spiritismo, esoterismo e trotto/galoppo (forse per via della loro fisiognomica equineggiante).

Non sono invidiose delle soprano, ma vivono in un perenne senso di inferiorità e soggezione verso le orride tetton…ahem le colleghe dall’estensione più acuta.

Poco considerate, anche come potenziale partner, dai colleghi tenori o direttori d’orchestra, finiscono ad accoppiarsi coi pochi bassi disponibili, dando origine ad impressionanti cluster genetici di orripilante bruttezza ed infernale profondità della voce.

Le contralto non mangiano, spizzicano biscottini, piccoli scones, salatini e pizzettine, accompagnandoli con stomachevoli rosoli e velenosissimi bicchierini di assenzio.

Finita la carriera operistica, diventano quasi tutte insegnanti di canto potendosi così vendicare con inaudita crudeltà delle aspiranti soprano.