13-12-25 20.15
LE GIOVINI SOPRANO
Gli sguardi focosi, capegli lucenti,
Soprano dotate di acuti stridenti,
dai solchi bagnati già cola il sudor,
un volgo al loggione repente si desta;
intende l’orecchio, solleva la testa
percosso da novo crescente romor.
Dai guardi dubbiosi, dai pavidi volti,
Ascoltano incliti, paesani ed incolti,
La voce che par orologio a cucù:
ne’ guardi, ne’ volti confuso ed incerto
si mesce e ricorda quel timbro un po’ aperto
La stolida donna di poca vertù.
S’aduna voglioso udendo il cucùlo
All’opima artista mirandole il culo
fra tema e desire, s’avanza e ristà;
e adocchia e rimira scorata e confusa
de’ buon loggionisti la turba diffusa,
E stona cantando, facendo pietà .
Ansanti le vede, quai trepide fere,
irsute per tema le fulve criniere,
le note latebre del covo cercar;
e quivi, deposta l’usata minaccia,
le donne superbe, con pallida faccia,
Rimpiangono il figlio di là del gran mar.
E sopra gli acuti, van tosto latrando,
quai cani disciolti, correndo, frugando,
da ritta, da manca, guerrieri venir:
li vede, e rapito d’ignoto lontano,
con l’agile speme rincorre Tristano
e sogna l’arrivo del dolce elisir.
Udite! quei forti che tengono il campo,
Tenor che ai capei non han fatto lo shampo,
son giunti da lunge, per aspri sentier:
sospeser le gioie delle cantatine
Per fare da spalla a codeste galline
chiamati repente da squillo guerrier.
Lasciar nelle sale del tetto natio
Soprano accorate, tornanti all’addio,
a preghi e consigli che il pianto troncò:
han carca la gola di urli guerrieri,
Sbattendo con garbo quei begli occhi neri,
volaron sul palco che cupo sonò.
A torme, di terra passarono in terra,
cantando giulive canzoni di guerra,
ma tristi farfalle pensando nel cor:
per valli petrose, per balzi dirotti,
Passar col regista le gelide notti,
membrando i fidati colloqui d’amor.
Gli oscuri perigli di stanze incresciose,
di orgasmi fasulli le corse affannose,
Conceder le grazie per poter cantar:
si vider le fave calate sul petto,
a canto al bel seno un membro già eretto,
udir il regista bramoso gridar.
E il premio sperato, promesso alle troie
sarebber, ragazze, del canto le gioie
di esibizionismo por fine al dolor?
Tornate alle vostre superbe terzine,
all’opere imbelli di quattro veline
ai solchi bagnati di servo sudor.
Il forte si mesce col vinto nemico,
col bel direttore rimane l’antico;
l’un tizio e pur l’altro sul collo vi sta.
Dividono le parti, e tu resti grulla;
Le folli illusioni finiscono in nulla
Soprano dispersa che nome non ha.