esercizi jazz

  • WTF_Bach
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26-07-23 11.19

Mi permetto di elaborare un paio di concetti:

1) la competenza: ovvero la conoscenza tecnica - teorica e pratica - dello strumento e delle prassi di composizione istantanea (detta altrimenti improvvisazione)

2) il lessico: la conoscenza specifica dei confini lessicali del linguaggio prescelto - sia esso Dixieland, swing, bop, modale, free o altro. Essendo il jazz una musica che si è evoluta e trasformata in un lasso di tempo relativamente breve, consiglio di acquisire una competenza lessicale dignitosa in ogni sotto-stile: ritengo che se un allievo pretende di iniziare subito col modale spinto o addirittura con il free difficilmente arriverà da qualche parte.

3) l’intenzione: ora che hai acquisito la competenza per “dire qualcosa”, devi decidere “cosa vuoi dire”. Il jazz è siffatto che se non hai nulla da dire finisce che suoni della ciofeca virtuosistica.
  • giosanta
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26-07-23 11.24

WTF_Bach ha scritto:
... devi decidere “cosa vuoi dire”. Il jazz è siffatto che se non hai nulla da dire finisce che suoni della ciofeca virtuosistica.

Standing ovation!
  • WTF_Bach
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26-07-23 11.33

Ora mentre non si pretende che un ragazzino - tranne rarissime eccezioni di fanciulli prodigio - si possa porre il problema di “cosa dire” (e quindi ci si può concentrare completamente sulla competenza), tendo ad essere convinto che un allievo adulto (come lo sono quasi tutti gli allievi di jazz) abbia tutte le caratteristiche per sviluppare contemporaneamente la competenza e l’intenzione.
  • giosanta
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26-07-23 11.42

Si, ma perché il tavolino si regga in piedi occorre anche la terza gamba, quella culturale, viceversa non suonerai mai davvero veramente nulla, avessi pure la tecnica di Rachmaninov e la conoscenza di Schoenberg.

26-07-23 12.48

giosanta ha scritto:
Scusa, Coccige, Quanta "italianità senti qui? roba fine anni '60... sempre della celebre serie "abbiamo un grande futuro dietro le spalle".

Diciamo che nel "marasma" musicale riesco a capirci poco quindi non saprei risponderti. Sicuramente è un sound misto,

Se parliamo di jazz di un certo periodo, al di la delle note scelte e dello swing presente in Scrapple from the apple
suonata da Nunzio Rotondo
non so se è una mia impressione o un mio pregiudizio, ma "non mi muove".

Bag's Groove

A confronto, giovincelli in America che seguo da anni:
Emmet Cohen, Bag's Groove

Chad Lb, Scrapple from the apple

Ora, ovvio, non mi va affatto di dire che sia meglio l'uno piuttosto che l'altro, ma la sensazione è che questi tizi con questa roba ci sono nati, e se decidono di mettersi li con l'intento di diventare jazzisti, vuoi anche la "semplicità" di reperire altri appassionati di jazz nei dintorni e l'accettazione in se del genere in gran parte dei locali, lo sviluppo del linguaggio e della conoscenza del genere è più "a portata di mano" rispetto al nostro "ascolto di dischi" e "jam con altri italiani che ascoltano dischi". Non a caso molti italiani partono e vanno li in America :)

giosanta ha scritto:
sempre della celebre serie "abbiamo un grande futuro dietro le spalle".

Questa frase è bellissima emo
  • WTF_Bach
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26-07-23 12.52

@ giosanta
Si, ma perché il tavolino si regga in piedi occorre anche la terza gamba, quella culturale, viceversa non suonerai mai davvero veramente nulla, avessi pure la tecnica di Rachmaninov e la conoscenza di Schoenberg.
Giustissimo
  • zerinovic
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26-07-23 12.57

@ WTF_Bach
Mi permetto di elaborare un paio di concetti:

1) la competenza: ovvero la conoscenza tecnica - teorica e pratica - dello strumento e delle prassi di composizione istantanea (detta altrimenti improvvisazione)

2) il lessico: la conoscenza specifica dei confini lessicali del linguaggio prescelto - sia esso Dixieland, swing, bop, modale, free o altro. Essendo il jazz una musica che si è evoluta e trasformata in un lasso di tempo relativamente breve, consiglio di acquisire una competenza lessicale dignitosa in ogni sotto-stile: ritengo che se un allievo pretende di iniziare subito col modale spinto o addirittura con il free difficilmente arriverà da qualche parte.

3) l’intenzione: ora che hai acquisito la competenza per “dire qualcosa”, devi decidere “cosa vuoi dire”. Il jazz è siffatto che se non hai nulla da dire finisce che suoni della ciofeca virtuosistica.
spesso è proprio un orgia virtusistica,dentro un buco nero di tecnica=una rottura di p@lle…

26-07-23 12.59

WTF_Bach ha scritto:
3) l’intenzione: ora che hai acquisito la competenza per “dire qualcosa”, devi decidere “cosa vuoi dire”. Il jazz è siffatto che se non hai nulla da dire finisce che suoni della ciofeca virtuosistica.


Mini aneddoto della mia esperienza alla masterclass di Barry Harris a Roma:
Un ragazzo di circa 20 anni prende parola e fa una domanda a Barry Harris: "Come fai a fare quel che fai? Cioè, io vorrei capire come fai a suonare quel che suoni, come faccio a fare quel che fai tu?"
Barry rise, l'intero gruppo rise, però a pensarci era una domanda semplicissima che Barry affrontò con somma tranquillità, iniziando da piccoli "movimenti" sul pianoforte mostrandoci come collegava una nota e l'altra.

Artrite e vecchiaia ovviamente gli impedivano di mostrare sul piano cosa intendeva tutte le volte, ma basta spulciare i vecchi video presenti su youtube per comprendere che prima di tutto andavano studiati i grandi del passato come Chopin, per comprendere movimenti che poi i jazzisti avrebbero ripreso più avanti.
è un processo sempre sottovalutato, e l'ho sottovalutato anch'io per tanto tempo, ma io non ho grandi aspirazioni nel campo jazz, mi diverto a suonare quel che posso e riesco senza troppe fisime.

Ma ecco, volevo sottolineare il tuo "dire qualcosa". Barry non ha mai parlato di "cose da dire", ironicamente. Non gli ho mai sentito esprimere questa cosa del "dire qualcosa di personale".
Tutt'altro. Per spiegare improvvisazione e "composizione in tempo reale" ci ha parlato sempre di regole applicabili, note da circondare, scala da utilizzare e note da avere in battere o levare.

Credo che la tua frase "dire qualcosa" oggi è compromessa da mille modi di intenderla, e il più delle volte manda in panico chi si avvicina al jazz, perchè crede (anche erroneamente e al limite spesso) che il jazz è liberta di suonare ciò che sentiamo, ma "deve suonare jazz".
Pochi capiscono come rendere ciò che "abbiamo da dire" in maniera jazz. E nessuno ce lo insegna. emo
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26-07-23 13.02

@ CoccigeSupremo
WTF_Bach ha scritto:
3) l’intenzione: ora che hai acquisito la competenza per “dire qualcosa”, devi decidere “cosa vuoi dire”. Il jazz è siffatto che se non hai nulla da dire finisce che suoni della ciofeca virtuosistica.


Mini aneddoto della mia esperienza alla masterclass di Barry Harris a Roma:
Un ragazzo di circa 20 anni prende parola e fa una domanda a Barry Harris: "Come fai a fare quel che fai? Cioè, io vorrei capire come fai a suonare quel che suoni, come faccio a fare quel che fai tu?"
Barry rise, l'intero gruppo rise, però a pensarci era una domanda semplicissima che Barry affrontò con somma tranquillità, iniziando da piccoli "movimenti" sul pianoforte mostrandoci come collegava una nota e l'altra.

Artrite e vecchiaia ovviamente gli impedivano di mostrare sul piano cosa intendeva tutte le volte, ma basta spulciare i vecchi video presenti su youtube per comprendere che prima di tutto andavano studiati i grandi del passato come Chopin, per comprendere movimenti che poi i jazzisti avrebbero ripreso più avanti.
è un processo sempre sottovalutato, e l'ho sottovalutato anch'io per tanto tempo, ma io non ho grandi aspirazioni nel campo jazz, mi diverto a suonare quel che posso e riesco senza troppe fisime.

Ma ecco, volevo sottolineare il tuo "dire qualcosa". Barry non ha mai parlato di "cose da dire", ironicamente. Non gli ho mai sentito esprimere questa cosa del "dire qualcosa di personale".
Tutt'altro. Per spiegare improvvisazione e "composizione in tempo reale" ci ha parlato sempre di regole applicabili, note da circondare, scala da utilizzare e note da avere in battere o levare.

Credo che la tua frase "dire qualcosa" oggi è compromessa da mille modi di intenderla, e il più delle volte manda in panico chi si avvicina al jazz, perchè crede (anche erroneamente e al limite spesso) che il jazz è liberta di suonare ciò che sentiamo, ma "deve suonare jazz".
Pochi capiscono come rendere ciò che "abbiamo da dire" in maniera jazz. E nessuno ce lo insegna. emo
Giusto: senza competenza e comprensione del lessico specifico magari uno ha qualcosa da dire ma non sa come dirlo.
  • Raptus
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26-07-23 13.03

@ CoccigeSupremo
giosanta ha scritto:
Scusa, Coccige, Quanta "italianità senti qui? roba fine anni '60... sempre della celebre serie "abbiamo un grande futuro dietro le spalle".

Diciamo che nel "marasma" musicale riesco a capirci poco quindi non saprei risponderti. Sicuramente è un sound misto,

Se parliamo di jazz di un certo periodo, al di la delle note scelte e dello swing presente in Scrapple from the apple
suonata da Nunzio Rotondo
non so se è una mia impressione o un mio pregiudizio, ma "non mi muove".

Bag's Groove

A confronto, giovincelli in America che seguo da anni:
Emmet Cohen, Bag's Groove

Chad Lb, Scrapple from the apple

Ora, ovvio, non mi va affatto di dire che sia meglio l'uno piuttosto che l'altro, ma la sensazione è che questi tizi con questa roba ci sono nati, e se decidono di mettersi li con l'intento di diventare jazzisti, vuoi anche la "semplicità" di reperire altri appassionati di jazz nei dintorni e l'accettazione in se del genere in gran parte dei locali, lo sviluppo del linguaggio e della conoscenza del genere è più "a portata di mano" rispetto al nostro "ascolto di dischi" e "jam con altri italiani che ascoltano dischi". Non a caso molti italiani partono e vanno li in America :)

giosanta ha scritto:
sempre della celebre serie "abbiamo un grande futuro dietro le spalle".

Questa frase è bellissima emo
Alla fine questo thread risponde anche alla domanda del come mai non esiste un sotto genere "italian jazz" mentre ad es. il latin è ultra definito e seguito... Purtroppo. emo

Sto riprendendo a suonare dal vivo e pensando a Buscaglione, Quartetto Cetra etc nel dopoguerra qualche occasione ce l'avevamo anche noi...
  • giosanta
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26-07-23 14.51

CoccigeSupremo ha scritto:
Questa frase è bellissima

Vero, ma non è mia.
Tra l'altro d'inserisce anche su cos'era la RAI in termini di proposta culturale.
Nello specifico uno sceneggiato fantastico, con attori stellari, sigla commissionata a Nunzio Rotondo, commento musicale elettronico di Romolo Grano, tutto suo finire degli anni '60...
Sempre RAI, qualche anno dopo.