08-04-20 08.26
@ anonimo
Oggi anche se sei un pianobarista da "roba seria", la mezzoretta di karaoke in finale di serata la devi mettere (ahimé) in conto altrimenti non ti chiamano più. Ho degli amici ormai prossimi alla pensione che vivono di musica. Costoro, da ricercati turnisti negli anni 70-80, hanno visto la parabola discendere nei decenni. Si sono attrezzati di Roland bk9 e basi musicali, altrimenti non lavorano.
Le differenze tra le parole sono importanti quanto la mutabilità di significato che assumono nello spazio/tempo.
Se uno fa una serata di pianobar, deve utilizzare un piano (anche digitale) e la serata deve essere centrata su piano+voce.
Poi ovviamente può fare degli intermezzi di karaoke o di quello che vuole.
Ti racconto una cosa: talvolta in coda alle mie serate di jazz facevo qualche sigla di cartoni animati giapponesi, ma se avessi fatto serate tutte (o prevalentemente) di sigle di cartoni animati giapponesi, avrei potuto pubblicizzarle come “serata jazz”?
Egualmente, se uno basa la sua serata su piano e voce, magari anche facendo un uso discreto di basi, allora sta facendo pianobar, fermo restando che il pianobar propriamente detto è piano e voce secchi.
Se lavora di basi e voce, relegando il piano a mera presenza ornamentale, non sta facendo piano bar.
Usare impropriamente le parole è sbagliato.